Prima festa di San Magno per il Vescovo Ambrogio Spreafico, come Pastore della Chiesa di Anagni-Alatri, accolto in piazza Innocenzo III per la messa vespertina, prima della processione da una folla di fedeli e di Autorità di ogni ordine e grado tra religiose, civili e militari, capeggiate dal Sindaco Daniele Natalia, affiancato da tutta l’Amministrazione Comunale al gran completo (maggioranza e minoranza), con i sindaci e i gonfaloni di tutti i comuni facenti parte della diocesi.
A rappresentare l’amministrazione provinciale il consigliere Alessandro Cardinali, accanto al presule alcuni sacerdoti della città e pochi altri che officiano in paesi limitrofi, tra cui il Vicario Generale della Diocesi monsignor Alberto Ponzi, il vicario foraneo don Marcello Coretti e monsignor Bruno Durante.
Ad animare la celebrazione eucaristica è stato il coro polifonico “Città di Anagni”, mentre la successiva processione la Banda dell’Associazione Musicale Anagnina, diretta dal professor Roberto Mattioli.
Monsignor Spreafico, dopo i saluti iniziali al primo cittadino e a tutti i presenti, ha esordito dicendo: “…celebriamo la festa di San Magno, vescovo e martire, patrono di questa nostra città, che racchiude in sé luoghi, come questa Cattedrale, che testimoniano una vita cristiana che ha accompagnato generazioni di donne e uomini. Voi conoscete certamente le vicende di San Magno, vescovo di Trani, e della sua predicazione del Vangelo ad Anagni e del suo martirio nell’anno 251. Quando veneriamo i santi, dobbiamo sempre ricordarci il tempo in cui essi hanno vissuto e testimoniato il Vangelo, a volte fino al dono della vita, come avvenne per il nostro patrono. Il Vangelo di Gesù infatti contrastava fin da allora un mondo a volte belligerante e violento, i cui governanti si sentivano messi in discussione da una Parola che proclamava la giustizia, una fraternità che includesse sudditi e potenti, schiavi e liberi, poveri e ricchi, cittadini romani e stranieri. Allora come oggi questo Vangelo non poteva che suscitare interrogativi e opposizioni fino alla condanna a morte, al martirio. E le persecuzioni furono numerose e continue nei primi secoli del cristianesimo, e continuano anche oggi in diversi Paesi del mondo. Ogni volta si crede così di mettere a tacere il Vangelo, ma, come abbiamo ascoltato nel libro della Sapienza: “agli occhi degli stolti (i giusti) parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace”.
Cari fratelli e sorelle, il nostro patrono ci interroga. Egli fu vescovo e martire. Vescovo, cioè pastore, chiamato a prendersi cura degli altri, soprattutto di chi è disperso e si è smarrito, di chi è ferito, malato, di chi è rimasto indietro, perché il popolo che gli è stato affidato possa camminare insieme. San Magno allora ci interroga: non dovremmo essere anche noi uomini e donne che, mentre sono in festa per lui, ne traggono un modello per la loro vita? Non dovremmo anche noi vivere prendendoci cura degli altri? Qui non si tratta solo di chi ha delle responsabilità nella Chiesa e o nella società civile, ma di tutti. Quanto sentiamo la responsabilità di prenderci cura gli uni degli altri, a cominciare dai sofferenti e dagli esclusi? O pensiamo sempre che tocchi agli altri vivere questa preoccupazione? Non dovrebbero le nostre comunità parrocchiali, diocesane, cittadine, mettere al primo posto questa preoccupazione e scegliere questo impegno facendo crescere l’attenzione agli altri, soprattutto a chi soffre o vive un momento difficile in questo tempo di crisi?”.
E ha continuato: “Non dovremmo abbandonare quel facile e istintivo modo di vivere, che mette al primo posto se stessi, il proprio tornaconto, a propria visibiltà e la propria affermazione, invece del bene comune? E quante volte avviene sia a livello individuale che collettivo! Come faremo a vivere insieme se non sappiamo rinunciare a nulla di noi stessi per il bene di tutti, o se in ogni scelta vogliamo sempre che sia a nostro vantaggio o del nostro gruppo? L’amore, cari amici, lascia sempre spazio all’altro, altrimenti vuol dire che ami solo te stesso. Ma quanta prepotenza, quanto egoismo nella vita di ogni giorno! Oggi San Magno vorrebbe che ognuno capisse che la felicità viene dal dare più che dal ricevere, e che per dare si deve essere umili per avere occhi e cuore per vedere il bisogno degli altri. Certo, vivere così non è facile. Sono convinto tuttavia che in ognuno di noi, come in ogni donna e ogni uomo, ci sia il desiderio del bene. Si deve solo vedere e tenere vivo questo desiderio, lasciarlo crescere nelle nostre parole, nei gesti, nelle scelte di ogni giorno, in quello che diciamo o scriviamo, magari sui social, per insultare qualcuno o sostenendo che ognuno può dire ciò vuole senza preoccuparsi di danneggiare gli altri. E poi si deve imparare a cogliere il bene anche negli altri, lasciando da parte un modo scontato di vedere e giudicare. Chissà perché, infatti, l’istinto ci fa sempre vedere nella vita dell’altro il difetto, il male, quello che non ci piace, Gesù direbbe la pagliuzza nell’occhio dell’altro, ma non la trave nel nostro. Così vorremmo che il mondo cambiasse, ma ovviamente non cominciando da noi, ma dagli altri. Il martire aveva capito che solo con la certezza e la forza dell’amore di Dio e le scelte conseguenti avrebbe potuto cambiare quel mondo, il suo mondo”.
Ed ancora ha esordito il Presule: “Cari fratelli e sorelle, il Signore ci custodisce, si occupa di noi, ci tende la mano. Lo abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Persino i capelli del vostro capo sono tutti contatti. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri”. Questa certezza è la forza dei martiri, che non rinunciarono a vivere la gioia del Vangelo neppure davanti alla minaccia della morte. “Non abbiate paura” allora di dare con gratuità, senza sempre pretendere! Non abbiate paura di amare con generosità e larghezza! Solo così renderemo il mondo più umano e più giusto. Solo così potremo prenderci cura dei piccoli, dei fragili, degli anziani, dei poveri, dei migranti, e saremo felici”. “Solo così, imitando san Magno, potremo costruire qui e ovunque un mondo dove si possa vivere insieme senza guerre e violenza, senza prepotenza ed egoismi, un mondo di fratelli e sorelle, dove nessuno sia più escluso e abbandonato. È accettabile un mondo in cui gli anziani non possano vivere a casa loro o una società che non si preoccupa che i giovani abbiano un futuro nella terra dove sono nati? È pensabile un mondo che lascia morire i migranti pensando che la colpa sia solo di chi li lascia partire o dei trafficanti di esseri umani, che ovviamente hanno le loro gravi colpe? Quest’anno ne sono morti nel Mediterraneo circa 2000! È accettabile un mondo che, nonostante la brutalità delle guerre del passato, pensi ancora alla guerra come unica via alla pace? Vogliamo un mondo fraterno a cominciare da noi stessi e dal nostro impegno quotidiano. Lo chiediamo con forza e insistenza al Signore per intercessione del nostro patrono San Magno. Che questa bella città – ha concluso il Vescovo Ambrogio – sia allora esempio di questo modo di vivere!”.
Presenti alla messa, sia vespertina che del giorno della festa liturgica di San Magno, anche i rappresentanti delle sei contrade su nove, che quest’anno hanno aderito alla festa patronale, non con poche e giuste polemiche. Tra i capo contrada presenti Carlo Cerasaro, della contrada Trivio che comprende la centrale parrocchia di San Giovanni, che ha dichiarato: “Insieme ad altri rappresentanti delle Contrade anagnine, abbiamo partecipato, alla celebrazione per la ricorrenza dei santi Magno e Pietro.
L’idea delle Contrade nasce proprio da questa festa, in cui nove rioni dovevano rappresentare le nove contrade che facevano capo (e fanno capo ancora oggi) all’Associazione Interparrocchiale Anagni Medievale (conosciuta meglio con l’acronimo AIAM). Tutto nasce dall’allora Vescovo Luigi Belloli (a cui ho fatto personalmente visita nell’altare dove riposa) che pensò alle nove contrade come i nove giorni della cosiddetta Novena di San Magno, in cui c’erano cortei storici che chiudevano la loro rappresentazione in cattedrale con una benedizione.
Ciò che ad oggi purtroppo non c’è più, ma che dovremmo riportare alla luce, con quell’impegno dell’allora Vescovo e dei suoi collaboratori, in primis don Angelo Ricci. Speriamo di riuscirci, oltre che a portare delle fruttuose novità!”.
servizio e foto a cura di Sante De Angelis