di Monia Lauroni
Chi pensava che la Festa dell’Unità a Veroli si riducesse in una sorta di triste appuntamento per cuori solitari ha dovuto fare marcia indietro.
È vero, non c’era la pecora al sugo, nessuno indossava la maglietta del Che, non sventolavano bandiere con falce e martello, ma nulla di questo ha influito sullo spirito dei partecipanti e di rosso c’è stato un tramonto così rosso da far impallidire anche il più scettico nei confronti di una Festa dell’Unità a matrice PD.
Sono stati tre giorni di confronto, di grandi e importanti temi, di idee, di ilarità, musica e di popolo.
Quel popolo che un po’ per curiosità, un po’ perché anche se non vuole ammetterlo sente ancora il bisogno di qualcuno che stia dalla sua parte, si è affacciato e poi è restato. Interessato, meno scettico e più tollerante verso quelle beghe intestine di partito che hanno “permesso” oggi un governo di destra. Arroccato (Rocca docet) inavvicinabile e dannoso.
La sfida del PD, a Veroli è riuscita. E quel ‘termometro’ è salito, la febbre di politica c’è ancora e non è vero che i cocci non possono essere perfettamente rincollati.
Lo si è capito subito e se ne è avuto conferma nel corso dell’ultima giornata. Quella che Veroli un po’ aspettava anche in vista delle amministrative 2024. Scrivere “soprattutto” sarebbe peccato ma peccato “andreottiano”, cioè ci si prenderebbe.
‘Una poltrona per due’ se fosse stato un film, anzi un divanetto su cui sedevano a conduzione binaria non solo le due aspiranti al ‘trono’ in quota dem, Francesca Cerquozzi, consigliera delegata alla Cultura e Assunta Parente, vicesindaco e assessora ai Tributi. Ma anche il sindaco uscente Simone Cretaro, semplicemente nelle vesti di sindaco uscente, e il deputato Nicola Zingaretti. Con loro la Consigliera regionale Sara Battisti e Daniele Leodori, ex braccio destro di Nicola Zingaretti ed attuale segretario regionale dem.
E poi la gente, tanta gente, gente giovane, motivata e tra quella gente anche altri sindaci di comuni limitrofi. Il segretario provinciale Luca Fantini, la presidente Stefania Martini, Lucio Migliorelli e Marco Sarracino. Menzione a parte il segretario del circolo PD verolano Toni Pironi e per il ‘direttore d’orchestra’ di tutta la sinfonia Danilo Campanari. Loro sono le pietre su cui affilare gli intenti indipendentemente da quale mano cingerà la spada per Piazza Mazzoli.
Il dibattito è partito subito con Parente e Cerquozzi. La veterana dem non ha resistito alla simpatica ‘punzecchiata’ alla compagna di partito, come si faceva ai vecchi tempi e che al popolo piace tanto. Tema: la carbonara, tanto per sciogliere un ghiaccio che non c’era e aggiungere sale, non alla carbonara ma al dibattito. Ma la consigliera ernica ha lasciato elegantemente scivolare la benevola frecciatina e il sale è arrivato a chicchi grossi.
Assunta Parente non si è risparmiata ed ha puntato tutto sui fondi del Pnrr. Quei fondi grazie ai quali Veroli è cresciuta e ora rischiano di venir meno lasciando opere incompiute e cosa ancora più triste, famiglie sul lastrico.
Lei lo sa bene, conosce di Veroli ogni angolatura, ne ha visto i cambiamenti e lo ha detto chiaramente: “È grazie ai sindaci che si sono succeduti nel lungo periodo in cui ha governato il centro sinistro che qui a Veroli abbiamo scuole sicure ed accoglienti, siamo in pole position sulla questione ambientale con la differenziata, abbiamo potuto sostenere il commercio anche durante il periodo Covid agevolando le nuove aperture con operazioni mirate all’emendamento degli affitti nei locali del centro storico. E soprattutto la ristrutturazione e l’appropriazione del Palazzo Municipale sul quale non grava nessun carico”.
E poi senza mezzi termini: “Se fosse vero che molte voci del Pnrr siano state cancellate, questo non solo sarebbe motivo di preoccupazione ma sarebbe da considerarsi deprecabile”. In sintesi: è vero che il PD non può permettersi di perdere Veroli, ma neanche Veroli può permettersi di perdere il PD.
Parola alla Cerquozzi. Perfettamente a suo agio, non un’esitazione, non una parola fuori posto. Ha parlato alla gente, alle persone da persona. Da verolana ai verolani. Punto forte e delicato, perché diciamocelo, difficile a volte da comprenderne l’effettivo valore anche in termini di supporto all’economia del paese, la Cultura.
Quella Cultura che ha abbracciato più aspetti, dai più ostici ai più popolari, quella Cultura che è stata più un’educazione ad essa che un insieme di eventi. “Abbiamo scommesso sulla Cultura – ha dichiarato – per noi non è solo una voce di bilancio, ma una ripartenza, un volano per diventare di più, di più di quello che siamo ora”.
“E’ grazie all’apporto del PD e del presidente Zingaretti che abbiamo potuto realizzare eventi di spessore nazionale come il Festival della Filosofia, la mostra interattiva di Klimt a Palazzo Campanari. Ma la Cultura per noi non è solo questo”. Infatti. Cultura per Cerquozzi è rilancio, è opportunità, è stare con la gente, è trovare punti di incontro, è vivere quello che Veroli offre, ed è tanto. E’ un piano, che ha bisogno di un colonnello anzi, di una “colonnella”. E da quello che ha dimostrato è pronta.
Ma senza fondi il piatto si restringe, e rischia di non bastare a sfamare neanche un bambino. Questa la preoccupazione più grande perché per lei, che tanto si è spesa, veder vanificato quello che in questi mesi aveva curato mettendoci sempre la faccia sarebbe un colpo al cuore, cuore indomito e non certo solitario. Ed il cuore lo ha aperto tutto e tutto ha detto con una frase di chiosa:” Veroli ha puntato tutto sulla qualità. Ora quella qualità deve diventare opportunità”.
È bastato questo per recuperare un minimo di credibilità e ristabilire una connessione sentimentale con le fasce più disilluse della popolazione.
E basterebbe questo per chiuderla in bellezza, bellezza pura.
Il momento di Simone Cretaro è stato veloce ma ben indirizzato e tagliente. Tagliente contro questa Regione che ha posto una barriera, un muro tra la politica e la gente. Tra i bisogni e le mancate risposte. E su Veroli: “Abbiamo avuto appoggi importanti dalla Regione, ora anche i progetti avviati rischiano di subire uno stop. Primo tra tutti quello della Casa della Salute. Lasciamo una grande eredità non solo come opere fatte, ma come materiale umano. Abbiamo persone affidabili, serie e competenti. Ora serve costruire il futuro, dare risposte, fare strategie, mettersi a disposizione”.
Questa è la Veroli del futuro. Quella che tutti vorrebbero, quella che ognuno ha trovato possibile alla Festa dell’Unità.
Il deputato Zingaretti ha affondato la lama senza risparmiare i ‘mea culpa’ di un partito che ha avuto seri problemi. Ed ha lasciato il Paese nelle mani di un governo che odia i poveri e teme chi ha ancora nel DNA l’idea che con la lotta collettiva si possa rovesciare lo stato delle cose. Un governo che ama il “divide et impera”. E che il meno povero e il più povero si scannino nel cercare di arraffare l’obolo miserabile e ingannevole lanciato dalle finestre dei palazzi del governo. La destra insomma come il moderno Marchese del Grillo.
Stesso giro di giostra per Sara Battisti. In parole povere e con vari esempi ha parlato senza freni di una maggioranza che governa pensando il contrario di quello che serve e pensa la gente e agisce in direzione ‘ostinata e contraria’ allo stesso popolo.
Ognuno con il suo pensiero, con le sue parole ha dato un contributo importante. E l’immagine è stata forte: un PD che non si nasconde e si recupera. Un PD pronto a farsi gente e opposizione, perché opponendosi bene che poi si ritorna alla guida.
Intorno la Festa, una Festa che precede la discesa in campo in cui le armi siano l’Unità, l’ascolto e i progetti.
Ci siamo, la sveglia è suonata. Le amministrative premono e Veroli, assieme a Cassino è laboratorio per una riscossa che dovrà “infettare benevolmente” tutti. Si punta ad una sindaca dem e le primarie diranno a chi toccherà, pare. Ma si andrà senza gargarismi. Fino a ieri qualcuno era troppo impegnato a combattere l’olio di palma per accorgersi che qualcun altro già stava imbottigliando l’olio di ricino. Magari è una metafora forte, ma è tempo di giocare duro. C’è troppo da perdere.