di Silvia Scarselletta
Nel piccolo centro di Serrone, tra le pendici del Monte Scalambra e la piazza principale Francesco Pais, si nasconde – sotto a una cascata di splendidi capelli rossi – una perla speciale e piena di originalità: il suo nome è Giada, il suo cognome è Mille.
Prossima ai trent’anni e sprizzante di vigore, Giada alterna le sue energie tra la vita da ballerina e quella da cameriera, due mondi poi non così distanti, come sostiene la stessa: “potrebbero essere il leitmotiv che mi fa viaggiare parallelamente su questi due binari. Da una parte servo, dall’altra ho qualcosa che silenziosamente mi serve all’anima”.
Giada ama l’Arte: la cura e le dà vita; si diletta a scrivere, a fare bambole di pezza o di fil di ferro, le piace creare tutto ciò che può essere fatto a mano oppure oggetti di scena, facendo così fuoriuscire la creatività e la vena artistica che da sempre la abitano: “vorrei lasciare una traccia in questo mondo”, afferma dolcemente ad anagnia.com che ha voluto incontrarla ed intervistarla.
Giada, raccontaci come è nata questa idea di replicare le opere d’arte. Quante ne hai replicate, finora? Puoi menzionare alcune delle opere che hai “riprodotto” usando te stessa?
L’idea iniziale è partita non da me, ma da un’iniziativa del Getty Museum, che all’inizio della pandemia lanciò una challenge per alleggerire il tempo da passare in casa, invitando a riprodurre i quadri più famosi e renderli “tableau vivant”. La cosa mi ha da subito intrigata, perché lontano dalla scena potevo esorcizzare il periodo e immedesimarmi in personaggi incredibili, inserendo però un mio segno distintivo attraverso oggetti o giochi di parole. Così, con l’emanazione dei DPCM, è nata l’idea di sfruttare il tempo speso sul balcone, considerati i 36 metri “quadri” dove abitavo, aprendo la rubrica “Dal Palcone di Casa Mia“.
“E tu che o.Pera d’arte sei?”
Ne ho riprodotti moltissimi: sono passata per quadri di Degas, Caravaggio, Van Gogh, Roberto Ferri, Picasso, Monet o Modigliani, Matisse o Magritte; sono creazioni che mi divertono e allo stesso tempo mi rilassano: “La ragazza con l’orecchino di perla” l’ho fatta diventare “La ragazza con l’orecchino di Perla..na” (sì, proprio il detersivo!), e con l’ultimo ho ironizzato il caldo degli ultimi tempi e ho creato uno “Strike a Po(la)se” (sì, proprio Polase, l’integratore!).
C’è qualcuno che ti aiuta oppure fai tutto da sola?
Per ogni opera riprodotta non mi servo di alcun supporto “umano”. Prendo il telefono, imposto il timer… e via di autoscatto; cerco sempre la perfezione. Difficilmente è un “buona la prima”, ma tento e poi ritento ancora, replico lo scatto fin quando non soddisfo la critica del mio sguardo: tanto più i dettagli sono simili all’opera originale, tanto più lo ritengo compiuto.
Cosa è per te l’Arte?
L’Arte per sua natura è creazione, è ricerca di bellezza. L’arte è toccare, è sentire. L’Arte è un’urgenza, un bisogno che nutre la mia parte di possibili ferite o che sana mancanze, mancanze che in quanto esseri umani tutti abbiamo, ma che, in quanto tali, finiamo per far fuoriuscire in modo diverso. L’Arte è difesa e attacco, è una cura, un rifugio che mi spoglia, che mi dà ogni volta la possibilità di stare in una poetica malinconia ed essere “Una, nessuna e centoMil..le!”. L’Arte è necessaria perché, come scrive Franco Battiato, “ho bisogno della tua presenza, per capire meglio la mia essenza“. È il senso di ogni cosa.
Tu pensi che l’arte potrebbe essere la salvezza di qualcuno?
Non lo penso, ne sono certa; io mi ritengo un esempio vivente di questa forza. Diversi anni fa ho scoperto di avere una patologia con cui condividerò probabilmente il resto della mia vita (la fibromialgia, una patologia che comporta numerosi sintomi dolorosi nel corpo), e che perciò influisce notevolmente sulla vita che mi sono scelta, ma non per questo l’ho resa un limite; anzi. Se dovessi mai veramente lasciare un segno o essere un simbolo per qualcuno, vorrei che costui capisse che non deve abbattersi, non deve rassegnarsi. Deve, piuttosto, trovare il proprio seme per rifiorire, più potente e grande di prima.
Vivo una bella difficoltà, non lo nego. In quanto danzatrice, il corpo è lo strumento della mia primaria espressione; in quanto cameriera, il corpo è il motore della mia primaria professione. Ci sono alcuni momenti in cui le forze mi assalgono e finisco per cedere di fronte al dolore, finisco per abbandonarmi… ma poi ritrovo la mia scintilla, il mio perché, e quel fuoco sacro che mi abita, improvvisamente, si riaccende.
Io credo sia proprio questa la chiave di ogni cosa, fare del proprio punto debole il centro vitale della propria energia. E lo faccio: eclisso la fibromialgia e in essa scorgo la parola magia. Succede tutto per una ragione. Ecco la poesia, la mia follia e la mia via.
Alda Merini, una grandissima poetessa italiana, ha sempre sostenuto che è bello accettare anche il male, non discutere della sua provenienza, ma farlo diventare un vestito incandescente, farlo diventare poesia. E Giada lo ha fatto, con tutte le sue passioni, con tutte le sue idee, con tutte le sue volontà. Ecco chi è Giada Mille: una pietra per nome, un numero per cognome, una forza per definizione. Grazie, Giada, per aver accettato questa intervista e per averci dato la possibilità di conoscerti meglio!