Imputato per aver falsamente attestato di essere in possesso della licenza di porto d’armi, in due diverse circostanze: la prima a settembre 2020, davanti alla Polizia Locale, al fine di ottenere il rilascio del tesserino venatorio regionale, l’altra nell’ottobre successivo nell’istanza presentata all’Associazione Territoriale di Caccia di Frosinone al fine di ottenere l’assegnazione della zona di caccia al cinghiale.
Tali dichiarazioni non corrispondenti al vero – in quanto la licenza di porto di fucile gli era stata revocata con decreto del Questore di Frosinone già dal marzo precedente – gli erano valse, a seguire, la richiesta di rinvio a giudizio da cui però, oggi, esce senza macchie.
Protagonista della vicenda, il titolare di una azienda agricola che ha sede nella periferia di Anagni: i giudici del Tribunale di Frosinone lo hanno assolto nei giorni scorsi dall’imputazione di aver reiteratamente reso dichiarazioni non rispondenti al vero; l’uomo – infatti – aveva dichiarato di essere in possesso della licenza di porto di fucile da caccia al fine di ottenere il tesserino venatorio e soprattutto per ottenere un’assegnazione della zona di caccia al cinghiale per sé e per la propria squadra di caccia.
Ad accertare l’incongruenza nella richiesta avanzata dall’imprenditore sono stati i Carabinieri Forestali che, attraverso una indagine partita da una segnalazione anonima, hanno appurato che l’uomo non era nelle condizioni di Legge per ottenere né il tesserino venatorio né – appunto – l’assegnazione di una zona di caccia in quanto la licenza da caccia gli era stata ritirata su segnalazione della Prefettura per la pendenza di un procedimento penale relativo a maltrattamento di animali.
Le accuse rivolte dal PM e la relativa richiesta di condanna a nove mesi sono decadute e l’imputato difeso dall’avvocato di fiducia Giampiero Vellucci è stato assolto perché il fatto non sussiste.