di Vincenzo Cecconi
Pino Taraborelli, medico di altri tempi, di quella generazione che assisteva i suoi pazienti a tutte le ore, del giorno e della notte, feriale o festivo che fosse, con ogni tempo metereologico, anzi, soprattutto quando il freddo e la neve limitava loro i movimenti.
Se ne è andato a 73 anni, dopo che, per i suoi ultimi mesi di malattia, ha tenuto con il fiato sospeso un intero paese, tra notizie sempre più preoccupanti e i rari miglioramenti. Una vicinanza, totale, alla famiglia, ma sempre garbata e soprattutto discreta.
Il popolo di Trevi, il suo popolo, lo ha apprezzato per la sua professionalità, per la sua illimitata disponibilità, ma ancor di più per la sua grande umanità.
Tutti lo chiamavano Pino, raramente dottore, come si trattasse di uno di famiglia, sempre e comunque presente nel momento del bisogno, fosse anche per una parola di conforto, di vicinanza.
Trebano tra i trebani, avrebbe svolto la sua “missione”, con la stessa intensità e la stessa passione, in ogni parte del mondo.
Un esempio che, soprattutto in luoghi marginali come Trevi, dovrebbe aiutare a comprendere come un medico, che assiste un’intera popolazione, debba concepire il proprio approccio con questa delicata professione.