di Monia Lauroni
Tutto tace a Veroli. Almeno è quello che sembra.
E che non sarebbe sembrato se ci fosse stato lui: Egidio Cerelli.
Forse proprio ora ce ne rendiamo conto che Egidio non è più qui. Alle soglie delle amministrative.
Avrebbe iniziato già da tempo a imbastire ipotesi, prefigurarsi intrallazzi, giri e rigiri. E ‘raggiri’. Egidio ci sapeva fare e dove non arrivava con la fantasia trovava il modo che quelle ipotesi si scavassero nella mente dei lettori almeno come dubbi.
Lui che di Veroli e delle cose di ‘palazzo’ conosceva anche i granelli di polvere sotto gli scranni. Col suo fare ‘fastidioso’ da vecchio giornalista, insidioso, insistente al punto tale che se anche non avevi voglia di parlare ad Egidio qualcosa di ‘piccante’ prima del voto dovevi dirgliela per forza.
E ci lavorava su, con le sue punture caustiche che davano pepe alle faccende di popolo.
Era lui la campagna elettorale a Veroli, ed alla gente piaceva.
Si sentiva parte di un film cervellotico che cambiava ad ogni rigo regista e attori.
Ma era tutto più autentico, più di paese, più divertente, più movimentato. Più vivo. Dalle cene ‘carbonare’, agli incontri ‘sotto faggeta’, alle occhiate ‘medusiane’, a lui non sfuggiva nulla. E ogni parola si moltiplicava per diventarne altre cento di senso opposto e contrario.
Tutti sotto i baffi di Egidio, più indiscreti dei riflettori, peggio di mille microfoni; destra, centro, sinistra, civiche, ad ognuno riservava la sua sedia a scosse.
E dovevi starci perché ad Egidio si perdonava tutto, tranne il fatto di essersene andato a pochi mesi dalla fine di un mandato.
Intanto Veroli sulle pagine sembra immobile: nessuna indiscrezione, nessun colpo a ferire, nessun nuovo salvatore a far capolino da dietro la pietra, pronto a ‘far risorgere’ in tre giorni qualcosa che non è mai morta davvero.
Anche questa è politica baby, e semmai qualcuno pensasse che a Veroli non succede è solo perché non c’è più Egidio a raccontarcela.