di Monia Lauroni
Ci vuole coraggio. Ci vuole convincimento. Ci vuole umanità. Ci vuole la tigna di chi sa che parlerà a pochi e quei pochi capiranno. Ci vuole esperienza di vita, ci vogliono i colori, un pennello, la convinzione di essere nel giusto.
Ci vuole l’arte che supera le barriere. Ci vogliono le parole. Non le parole mainstream, ma quelle che urtano, provocano, creano un disegno sulle pochezze del mondo. E che alla fine rendono i pochi tanti, consapevoli ed orientati contro ogni bruttura.
“ItalianAfrica” del pittore frusinate Rocco Lancia è stata un po’ tutto questo. È stato il faro sulla miseria. Il colore che colora il nero di bianco. L’arte live che provoca, innesta, parla e riflette. E lo ha fatto in quel di Veroli, nel Chiostro di Sant’Agostino.
Sui muri, come giudici supremi, i Miti Italici. Al centro una ragazza di origine etiope, una cartina dell’Africa, pennelli e colori e relatori di nicchia per un dibattito estemporaneo, istintivo, vero.
Sul razzismo. Quel razzismo che è “di un mondo primitivo”. Così lo ha definito il professor Biagio Cacciola. Quel mondo affidato anche alle iperboli primordiali di un militare prestato a politica e calamo che scompiglia l’umanità nella vita e ancor prima nelle scuole.
Scuole di ragazzi uguali per età, per ambizioni, per difficoltà, eppure separati dal colore, dalla religione, da qualcosa che ancora ci fa sentire estranei in casa nostra. Qualcosa da togliere dall’equazione delle nostre esistenze, senza se e senza ma. Anche e soprattutto con l’arte.
Intensa Fausta Dumano, forte e schietta. Lei che ha vissuto e vive sulla sua pelle il mondo dei giovani. A prestare la loro visione e declinare a parole quello che il mondo vorremmo che fosse, Luigi Vacana, Paolo Autunno, Ivano Altieri.
La politica, la critica, le skill e le deleghe di ruolo democratico: tutte unite a sbriciolare muri ed imbastire ponti con quegli stessi mattoni. Magari usando un pennello come cazzuola, il pennello di Rocco.
Un pomeriggio d’arte che ha voluto dare una scossa, un cazzotto etico. Un terremoto alle coscienze, alle classi separate per gli alunni stranieri, ad una guerra che sente in noi ancora il peso di quello che è stato, ai ‘generali’, quelli ‘normali’, perché sono bianchi.
Il razzismo ora come ora, è moda e mood che segue l’usta di chi è arrivato al comando. Lo è perché perché non abbiamo un motivo specifico per esserlo. Non serve. Non lo sappiamo neanche noi perché lo siamo. Copiamo semplicemente gli altri quando percepiamo che quegli altri sono quelli che l’onda ha portato in alto.
Era una questione di potere, di discriminazione che genera odio. Di interessi economici, di schiavitù. Oggi è solo becera ignoranza, fanatismo, rumore che uccide la dignità. Di chi lo subisce, e ancor di più di chi lo manifesta.
Lo straniero siamo noi riflessi in specchi diversi, questo ci fa paura.
Rocco Lancia quegli specchi li ha rotti, schegge che si sono conficcate nella pelle ed è uscito lo stesso sangue. Dello stesso colore. Quel colore che ha riempito i contorni di un’Africa, di un Chiostro. Del mondo.