“Harpax” galleria d’Arte contemporanea a Ferentino ha ospitato sabato 27 aprile 2024 il vernissage dell’esposizione personale di Enzo Arduini, artista straordinario di fama internazionale, che resterà aperta e visitabile fino al prossimo 2 giugno. La mostra, intitolata “Dare un volto all’anima”, è a cura di un altro riconosciuto artista ferentinese, Massimo Giorgi, docente e titolare della galleria ospitante.
Diverse le opere in esposizione in esposizione, tutte mirabili, tutte distinte dal caratteristico cromatismo intenso e al contempo morbid tipico di Enzo Arduini, con i segni icastici che ne contraddistinguono il suo messaggio artistico ed umano. Alla inaugurazione che si è svolta a partire dalle ore 18.00 ha partecipato anche il sindaco di Ferentino, il dott. Piergianni Fiorletta, il quale ha avuto parole di stima e di rinoscenza nei confronti dell’artista per aver portato in alto – in tutti questi anni – il nome della città.
Una mostra – quella allestita nella galleria d’Arte “Harpax” che invita i visitatori a calarsi nella positività della vita, legata alla natura di cui il maestro Enzo Arduini si fa tramite attraverso la sua Arte intessuta di armonia e di serenità, che va al di là del visibile e induce alla meditazione, come spiega anche la prof.ssa Bianca Maria Valeri nel testo inviato in esclusiva ad anagnia.com che qui di seguito alleghiamo, ringraziandola per averlo condiviso con la nostra redazione e con i nostri lettori.
Le parole della prof.ssa Biancamaria Valeri: “perché l’Arte di Arduini, anche nelle sue apparenti dissonanze, nei suoi graffi, nelle sue disarmonie volute e cercate, è bella, è armoniosa, è piena di luce pur mantenendo un sensibile alone di mistero, di ineffabile…”
Questo pomeriggio 27 aprile 2024 (ieri, per chi legge – n.d.r.) alle ore 18.00, Ferentino – Galleria Harpax (nei pressi del Bar Giorgi) inauguriamo la mostra del M° Enzo Arduini, Dare un volto all’Anima, che rimarrà aperta fino al 2 giugno 2024. Un “exhibition” che mostra un percorso artistico iniziato nel 2015 e terminato nel 2024; un percorso che il M° Arduini ha sviluppando per ri-flettere, consentire la riflessione, l’irraggiamento nella Materia, intesa nei più ampi significati, dei suoi valori artistici e delle sue scelte anche “poetiche”.
“Poesia”, termine che si origina dal greco antico, significa arte del fare, del produrre, arte del “manipolare”, del toccare con mano la Materia e far tra-pelare da essa la sua anima, il suo soffio vitale. Tutto ciò che vive in Natura, immerso nella Materia, nei suoi più vari stati (solido, liquido, gassoso), vive, è dotato di vita e dà vita. Dalla Materia Arduini estrae l’Anima e a questa dà Volto.
Con queste poche parole cerco di dare giustificazione, di spiegare le motivazioni che hanno condotto il M° Arduini a intitolare l’art exhibition che stiamo inaugurando e che rimarrà visitabile per un mese e, come penso, sarà un grande piacere visitarla, ammirare le opere, lasciarsi interrogare da esse.
Come esclamò tanti anni fa un nostro maturo Alunno, mio e di mia sorella Maria Teresa, che in quel periodo stavamo curando un corso di preparazione per guide turistiche di Ferentino nella locale Pro Loco: “Ora ho capito! L’arte antica ti guarda e tu la capisci immediatamente, perché aspetta da te le domande su ciò che vedi. L’arte contemporanea non aspetta da te domande; è lei che ti interroga e ti spinge a capire prima te stesso e il tuo tempo e poi a interpretare i segni dell’artista che interpretano, anzi esprimono il proprio e il tuo tempo”. Al di là della correttezza del giudizio del lontano Alunno in effetti l’arte contemporanea sembra astrusa, incomprensibile: per il groviglio dei segni, dei significati, delle tecniche che si sovrappongono tra loro, per una espressione visiva frammentata, una percezione di materia, luci, colori informi, stesi “puri” in larghe macchie, resi spesso in ammassi informi, disarticolati, in forme geometriche irregolari che suscitano emozioni e sensazioni come punture di spillo se non, quando per la veemenza del segno, provocano nella nostra anima lesioni profonde e desiderio di fuga da quanto sembra irrazionale, ma irrazionale non è.
L’arte di Arduini ci interroga! Questo è il punto di partenza, anche per capire questa esposizione, che racchiude un percorso d’arte ben circoscritto nel tempo appena dieci anni rispetto alla produzione artistica di Arduini che data la sua prima espressione nei tappeti floreali per la processione del Corpus Domini nella chiesa ferentinate di S. Maria Maggiore a Ferentino, esperienze giovanili, ma che già mostravano il graffio dell’Artista. Senza dimenticare il murales realizzato da Arduini giovane e maturo studente nella vecchia sede del Liceo Artistico “Anton Giulio Bragaglia” di Frosinone, del quale ho un vago ricordo riguardo al soggetto; del quale non posso dimenticare l’esplosione dei colori: dei gialli, dei bianchi, degli azzurri, dei rossi; delle linee
che sagomavano le figure e gli spazi. Mi fermo qui, perché non vorrei forzare l’evanescente ricordo che ho dell’opera, ma che ogni volta che entravo in quella sala (il liceo artistico era ubicato vicino alla sede del provveditorato agli Studi di Frosinone e in quella sala ci convocavano spesso per le
riunioni di servizio) avevo davanti a me, ammiravo e mi faceva sognare panorami e paesaggi meravigliosi, sprofondati nel totalmente altro.
L’itinerario dell’attuale esposizione è tracciato dallo stesso Arduini, che ha numerato ogni sua opera ed ha indicato la traiettoria di luce che dobbiamo seguire per raggiungere una conoscenza più perspicua, trasparente della sua arte, apparentemente semplice, fatta di pochi segni di pochi colori, di poche forme, spesso queste dilavate e sfumate, quasi dematerializzate, nelle opere pittoriche, dove si sentono echi impressionistici, espressionistici, primitivistici, futuristi, cubisti. Ma sono solo echi, sono il substrato culturale e artistico che solidamente sorregge l’espressione personale di Arduini. “Una mano mi guida, una forza mi guida, quando mi pongo davanti alla realizzazione di una produzione artistica. Quasi mi smarrisco davanti a questa sensazione cosi viva, presente, materiale e misteriosa” … Niente di strano o di alienante o straniante: è la “divina mania” di lontana origine platonica (Dialogo “Fedro”), ispirazione che nasce nell’animo dell’artista
“invasato” da un sapere che viene dall’alto perché è alto, richiede una peculiare sensibilità e cura e che comunque è vissuto come impeto per esprimere liberamente la profondità della propria anima. Si deve trasmettere un messaggio! ma l’arte non è retorica né è pedagogica, non ha finalità
didattiche: è espressione ed espressione che si materializza secondo tecniche, secondo segni, secondo visioni, emozioni che rappresentano l’animo dell’artista che con linguaggio misterioso, ma non irrazionale, comunica il sentimento del suo tempo e del suo spazio, che sono medesimi
nell’animo del fruitore, che deve scoprire attraverso la lettura di un linguaggio personale, non accademico né formalizzato in forme standard. È un linguaggio personale quello dell’Artista contemporaneo, ma è un linguaggio di comunicazione alternativo al senso comune, perché nel suo
linguaggio l’Artista mette a nudo la sua anima, si spoglia davanti all’osservatore, ma lo fa con pudore, per custodire la sua profonda umanità. È un linguaggio che svela e che cela pudicamente al tempo stesso. È una domanda di senso e significato; non è una spiegazione. “Mi hai compreso?
Parlo la tua stessa lingua! Ma parlo con Forme, non con Parole”. Dunque l’arte contemporanea è svelamento; è ricerca della Verità, Aletheia (ἀλήθεια),
parola greca tradotta nel suo significato etimologico come «dischiudimento», «svelamento», «rivelazione» o «verità». Il significato letterale della parola ἀ–λήθεια è «lo stato del non essere nascosto; lo stato dell’essere evidente» e implica anche la sincerità, così come fattualità o realtà. E qui dovremmo sconfinare in Martin Heidegger. Ma si entrerebbe in tutt’altro discorso che ci
porterebbe lontano dall’ambito artistico in cui ci troviamo. Questo riferimento però ci aiuta a capire come l’arte contemporanea non è poi così tanto semplice, nel senso di semplicistica e semplificatrice, come appare, ma esprime la profonda e ricca complessità dell’età contemporanea dove ogni cosa si nutre del tutto e del vasto mare del sapere che contraddistingue la cultura contemporanea. L’arte contemporanea non è ingenua! L’arte non è stata mai ingenua, anche se con immediatezza esprime il sentimento e con immediatezza esprime il contenuto della rilettura del Cosmo e dell’Interiorità Umana. La Materia prorompe prepotentemente nelle opere plastiche di Arduini una Materia manipolata, plasmata, forgiata resa diversa dalla Terra da cui Arduini trae l’Anima per dare un volto alla medesima. E nelle sue opere non è più terra, sembra altro-da-sé: sembra oro mentre è bronzo, sembra carta mentre è argento, sembra parete mentre è tessuto, sembra rame, metallo iridescente mentre è porcellana, sembra vetro trasparente mentre è porcellana metallizzata con opportune tinte coloristiche. E le porcellane diventano sculture e al tempo stesso dipinti a tutto tondo, immerse in
una realtà tridimensionale che ti induce a ruotare intorno alla figura che ruota insieme a te che la guardi. E il vaso diventa simile a una matrioska: al suo interno, ma la sensazione è apparente perché il disegno è in superficie, danza una figura leggiadra in cui il disegno e le linee che la sagomano
imprimono alla figura dinamismo volteggiante e ascensionale. lo stesso dinamismo che si nota in altre sculture esposte in mostra: il Tuffo, per esempio, il Centauro, il Tronco. Sono forme statiche, ma per il Tuffo presentano andamento dinamico ascensionale: verso l’alto, verso il basso? È l’osservatore che definisce la prospettiva in cui egli stesso vuole collocarsi. È apparentemente rigido il Centauro, ma se uno l’osserva bene, questa sculturina vibra di un movimento incipiente che suggerisce la torsione delle membra: verso destra, verso sinistra? È l’osservatore che definisce la prospettiva in cui egli stesso vuole collocarsi. Per il Tronco, cilindro cavo che esprime un lacerto di albero senza rami e senza radici, la corteccia si
definisce in riquadri geometrici quadrangolari appena percettibili, che si stanno aprendo verso l’esterno: perché il tronco sta rinsecchendo e morendo o perché si apre a nuovo rigoglio di vita? È l’osservatore che definisce la prospettiva in cui egli stesso vuole collocarsi. L’Arte di Arduini ci interroga! E tra lui, che parla con le sue opere, e il fruitore nasce un dialogo che è esso stesso un’opera d’arte, sempre nuova, sempre rinnovata e rinnovabile, sempre mai replicabile, mai statica, sempre diversa; perché il dialogo nasce sul campo del sentimento che si esprime e che è espresso e si diversifica ogni volta sulle variabili importantissime, ma variabili, di emozione, di luce, di scuro, di penombre, di colore e, starei per dire, anche di odori, sapori. È
fantasmagoria sinestetica. Vedendo l’opera di Arduini ci immedesimiamo con lui, anche se non lo vediamo: lo sentiamo e questo è l’aspetto più difficile della lettura dell’Arte contemporanea: l’immedesimazione, il sentire all’unisono. Il linguaggio di Arduini deve diventare il nostro linguaggio: è questione di compenetrazione. Un’ultima considerazione: nel visitare questa mostra osserviamo il linguaggio del colore. Si inizia con un giallo in tripudio che a destra dell’arazzo si impone sul blu, colore freddo, del lato sinistro che simboleggia l’oscurità della selva, il mistero di un bosco luogo delle belve e
dell’irrazionale, ma che invece la luce che irrompe ci svela come un luogo dove si ha anche protezione e vita. E questo giallo ci fa svoltare, ci fa vo tare pagina. Di nuovo il ritmo sincopato del tempo che scandisce colori scuri e freddi che lottano per affermarsi sui verdi, colori freddi e complementari, che poi vengono sopravanzati dai gialli e dai rossi. E lo sguardo è attirato
dall’argenteo cielo, dove volano gli aquiloni. In una teoria pittorica che riproduce lo spazio scandito delle cattedrali antiche dipinte sulle pareti dalla successione dei racconti per immagini che educavano i fedeli al cammino verso la salvezza, l’uomo contemporaneo vestito da giocoliere o arlecchino o, chissà, da eterno bambino/Peter Pan, fa volare gli aquiloni, indica la via verso la libertà: l’alto, la luce, la verità.
E la luce continua il suo percorso lega i quadri tra loro, traluce nelle luminescenze madreperlacee dei vasi in ceramica. E sono rossi, verdi, blu, gialli … i colori della luce, i colori dell’iride. Arduini non ha mai dimenticato l’Italia, il sole italiano, il cielo italiano: li porta dentro di sé e li riproduce in tutte le forme, in ogni sua opera; ammalia l’algida Germania. Tutti potremo ritrovare nelle opere esposte i nostri paesaggi marini, boschivi, montani. Tutti
riconosceremo la nave che parte dal porto o che approda; Arduini ci insegna con la sua mostra che l’osservatore definisce la prospettiva in cui egli stesso vuole collocarsi. Chi non riconosce il pontile sul quale camminavamo da bambini durante la villeggiatura al mare spingendoci sempre più addentro al ceruleo oceano, che non mette paura, come nell’Urlo di Munch, perché è rosa? E che dire del fresco e verdeggiante giardino giapponese? Arduini ha nominato le sue opere; ma non ha voluto mettere i loro nomi in questa esposizione. Ha indicato le opere solo in serie numerica. Seguite i numeri, sono ritmo. Seguite seguendo il percorso che suggerisce la vostra anima:
perché in questa mostra si deve dare il volto all’anima; e questo volto deve essere il vostro. Sono colori stesi in larghe macchie; se ti allontani dall’opera vedi quei paesaggi vagheggiati, immaginati, sognati, ma pur sempre reali, perché vissuti e riprodotti con la fedeltà che solo l’anima e il sentimento possono dare. Dare un Volto all’Anima … È il titolo della mostra. Arduini c’è
riuscito a realizzare questo sogno. Ha dato il volto all’anima e all’anima di ciascuno di noi che vedrà le sue opere.
Buona Vista, Buona Visione, Buona Anima a tutti.
Ferentino, 27 aprile 2024