L’incontro, organizzato dal Gruppo Recchia e da PMBS Finance Group, “Le implicazioni operative per le Imprese e gli Istituti di Credito dalle novità introdotte dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza” si è tenuto lo scorso 18 giugno a Velletri ed è stato uno dei primi eventi nella regione Lazio dedicato alle novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Tra i relatori presenti figurano i nomi di Jacopo Recchia, CEO di Aviorec Composites; Prof. Renato Camodeca, Università degli Studi di Brescia; Dott. Franco Pesce, PMBS Finance Group; Pietro Musatti, PMBS Finance Group; Dott. Gianluca Sanchioni, PMBS Finance Group; Dott. Luigi Marra, Blu Banca; Massimo Lucidi, Amministratore delegato di BPL.
L’obiettivo dell’incontro era quello di fornire a imprenditori e istituti di credito una panoramica completa delle nuove norme e del loro impatto operativo. I temi chiave discussi durante l’incontro hanno incluso l’importanza di una gestione aziendale proattiva per prevenire il fallimento; le nuove misure introdotte dal Codice per anticipare l’intervento pubblico nelle crisi aziendali; la riduzione dell’ingerenza pubblica e la maggiore responsabilizzazione degli imprenditori; l’impatto del Codice sul sistema bancario e del credito.
L’incontro è stato un’occasione preziosa per imprenditori e istituti di credito per comprendere le novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e per individuare strategie per adeguarsi ai nuovi requisiti normativi. L’evento ha riunito un panel di esperti di alto livello provenienti da diversi settori che hanno affrontato i temi in modo completo e approfondito.
L’INTERVENTO DI JACOPO RECCHIA, CEO DI AVIOREC COMPOSITES
“Da imprenditore attivo in diversi settori dell’economia ed anche nel mondo associativo di categoria – ha spiegato Jacopo Recchia nel suo intervento – ritengo che incontri come quello di oggi siano fondamentali per dare a chi quotidianamente fa impresa, un quadro generale e una serie di strumenti interpretativi ed operativi per comprendere le tante normative che in Italia regolano la vita e la gestione delle aziende.
Per “fare impresa” non basta quello che generalmente le persone chiamano intuito o “fiuto dell’imprenditore”, che certamente costituisce una parte importante delle conoscenze tacite di chi fa questo mestiere, ma serve anche una approfondita conoscenza dell’impalcatura giuridico-normativa italiana. La difficoltà di “fare impresa” in Italia sta certamente nell’elefantiaca burocrazia che regola il funzionamento del sistema economico, che obbliga un imprenditore a dover entrare per forza di cose nella materia, conoscendola ed approfondendola.
La questione non è di secondaria importanza, specie per quanto concerne una fonte centrale come quella del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza, che con le novità da poco introdotte nei fatti impone una più attenta programmazione e gestione dell’impresa ex ante le dinamiche del fallimento, onde scongiurarlo. Potrà sembrare una cosa scontata che il fallimento debba essere impedito, che esso costituisca per la stessa natura della parola non solo una questione di tipo normativo ma letteralmente il “fallimento” di un imprenditore in quanto tale.
Ecco che, dunque, è servita e serve l’introduzione di tutta una serie di buone pratiche regolatorie e gestionali dell’impresa che sono essenziali affinché essa sia ben gestita. La ratio giuridica dietro all’introduzione delle tante novità del Codice, del quale oggi si analizzeranno non solo i diversi aspetti ma anche le loro conseguenze operative per le imprese, sta nella volontà del legislatore di provare ad anticipare l’intervento pubblico al fine di collocare lo scenario “fallimentare” come soluzione estrema di ogni scenario di crisi delle società. Parallelamente, nell’intenzione del legislatore si ravvisa un’evidente finalità deflattiva che restringe in modo significativo l’eventuale necessità di un intervento “giurisdizionale forte”.
La scelta è fondamentale perché troppo spesso in Italia siamo stati abituati a vedere, nel caso di grandi aziende strategiche – e questo sarebbe anche normale per certi versi – come di medie e piccole aziende, come le crisi d’impresa fossero spesso gestite con interventi pubblici, non sempre efficaci e che, anzi, hanno avuto parecchie volte il risultato opposto. La riduzione dell’ingerenza pubblica nel campo della crisi d’impresa implica una responsabilizzazione forte dell’imprenditore e delle figure specialistiche che lo coadiuvano sotto il profilo amministrativo e contabile.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha, per tutta la serie di questioni che verranno analizzate, un impatto diretto non solo sugli imprenditori ma anche su chi ne sostiene ambizioni e progetti, dunque sul sistema bancario e del credito. Il nostro incontro di oggi mette insieme allo stesso tavolo esperti provenienti dall’accademia, dagli istituti bancari e dall’imprenditoria, cercando di allargare il campo non solo agli “addetti ai lavori”, ma anche a chi giornalmente beneficia del loro lavoro”.