di Giorgio Alessandro Pacetti
All’interno della chiesa di San Rocco-Madonna della Valle (secc. XIV-XIX) venne scoperto il 26 dicembre 1984 un affresco del ‘300, riproducente la Madonna delle Rose in trono con il divin figliuolo, San Giovanni Evangelista, San Leonardo, il Beato Andrea Conti e Sant’Antonio Abate.
L’opera venne subito catalogata come sicuramente proveniente dalla scuola giottesca napoletana firmata da un così detto “homo quidam” (“uomo qualunque”).
L’antico tempio sito ad ovest di Piglio era ricettacolo di erbe parassite fino al 1984.
Data l’importanza del ritrovamento la competente Soprintendenza del Lazio si è subito attivata per il recupero dell’intero edificio con il consolidamento delle murature perimetrali e delle facciate.
Una particolare attenzione è stata riservata al tetto ripristinato nelle forme originarie in capriate a vista in legno di castagno e con coperture in cotto. Il lavoro di restauro è stato così capillare da prevedere un cordolo in cemento armato che imbrigliasse l’intera struttura.
Questo ha consentito di eliminare le catene messe in epoca passata a seguito del terremoto del 13 gennaio 1915 che lesionò tutte le chiese di Piglio. I lavori furono però sospesi perché un fosso adiacente ed una fogna ne impedivano la prosecuzione dei lavori.
Il 28 settembre del 2002, un’altra grande scoperta ha incrementato il valore della chiesa di San Rocco. Nella parete subito alla destra dell’altare (che a sua volta è sormontato da un’antica statua di San Rocco, risalente al XIV secolo), è stato infatti rinvenuto l’affresco di scuola raffaellesca denominato “Madonna della Valle”, della cui esistenza le cronache parlavano già intorno al 1599 (tanto che la chiesa è sempre stata conosciuta come di San Rocco – Madonna della Valle).
L’affresco nella sua totalità deve essere ancora liberato dalla tinta sovrastante; ma nella parte visibile al momento si scorgono la Madonna con il Bambino in braccio e, più in basso, San Giovannino che porge al piccolo Gesù una croce.
Al di là degli affreschi già riscoperti (e in attesa di liberare le opere che si trovano ancora occultate sotto le tinture delle altre pareti), la chiesa di San Rocco può offrire altre interessanti attrattive agli appassionati di arte, siano essi anche fedeli o meno.
Appena entrati, sulla prima parete di sinistra si può facilmente notare la “croce patente”, con la quale il papa Leone XIII concesse per sette anni, dal 1826 al 1833, la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria a tutti coloro che si fossero recati ad adorare la Madonna della Valle.
Sulla prima parete di destra, subito dopo la splendida colonna romana che sorregge l’acquasantiera, si può notare il disegno dell’aquila, da sempre simbolo del gonfalone di Piglio. La chiesa di San Rocco è un patrimonio non solo di Piglio, ma di tutta l’arte italiana.
A valorizzare l’importanza del sacro edificio e gli affreschi ivi custoditi oltre al FAI che dedicò nel 2012 due giornate di Primavera sono state: una studentessa dell’istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Roma I La Sapienza, che ha discusso una tesi di laurea dal titolo “la pittura del ‘400 nel Lazio Meridionale con particolare riferimento all’affresco del XV secolo sito nella chiesa di San Rocco-Madonna della Valle”; don Claudio Pellegrini parroco di San Vincenzo Ferrer di Atessa, facente parte dell’Arcidiocesi Chieti-Vasto, con il libro Il Giglio delle Valli che non è altro una raccolta di notizie riguardanti i luoghi dedicati alla Madonna della Valle; il giornalista e ricercatore Giancarlo Pavat con il libro telematico “Chiesa di san Rocco-Madonna della valle e le misteriose incisioni; quattro studentesse della Facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza con l’esame dal tema “i caratteri costruttivi degli edifici storici, problemi di restauro e analisi chiesa di San Rocco Piglio”.
Il mio augurio è che nel minor tempo possibile questa inestimabile testimonianza dell’arte tardomedievale possa recuperare il proprio massimo splendore e che una piccola targa marmorea ne ricordasse la storia e il sentimento religioso che da oltre settecento anni i pigliesi nutrono verso questo sacro luogo.