di Guglielmo Viti
“C’era una volta…” così in genere inizia una fiaba, ma così, sempre, comincia la storia. Ad Anagni la storia comincia da molto lontano nel tempo, e fin dall’inizio ci sono uomini che si distinguono per le loro capacità artigianali, guerriere, agricole, creative. In un altro articolo ho raccontato come, intorno al 4000 a.C., nella campagna di Anagni, nella valle del fiume Sacco, convivessero, caso unico in Italia, due facies culturali dell’età del bronzo: quella di Rinaldone e quella di Gaudo e come queste due culture si distinguessero per l’uso di una loro invenzione: l’idromele, prima ancora che arrivasse in Europa la coltivazione della vite.
Gli Ernici e la nascita di Anagni
Ho anche raccontato, in un altro scritto, come gli Ernici, dopo aver attraversato i monti che presero il loro nome ed essersi assimilati con le popolazioni indigene, avessero trovato qui il loro luogo ideale per vivere per sempre, costruendo una città e coltivando in modo perfetto un territorio ricco di acqua e terra fertile. La “Dives Anagnia” di Virgilio si realizza con la nascita e lo sviluppo di una moltitudine di aziende agricole a conduzione familiare e con la realizzazione di edifici monumentali sacri e civili che fin dal VI secolo a.C. caratterizzano la zona. Roma è ancora lontana, ma grazie agli Etruschi, Sabini, Latini ed Ernici, dà vita alla sua lunga avventura nella storia.
La civiltà ernica e i ritrovamenti epigrafici
Non ho volutamente citato tutti gli altri popoli del Lazio che concorsero alla costruzione della civiltà romana, perché gli Ernici, come confermato dall’archeologa Sandra Gatti, furono il popolo più antico della regione. Ci sono ritrovamenti che ci aiutano a capire quanto grande fu la cultura e la civiltà ernica, mostrando, con testimonianze dirette attraverso le parole incise nel marmo, i loro costumi e i loro valori.
La scoperta della pietra funeraria
In un terreno adiacente alla via Casilina e all’incrocio con la via Collacciano Ponticello ad Anagni, nell’antico Compitum Anagninum, fu trovata una pietra dal sig. Antonio Imperia. Questo blocco di travertino misurava cm 26 x 112 x 62 e presentava una strana iscrizione. Secondo quanto rilevato dal prof. Carlo Molle, l’iscrizione rappresenta un “TITULUS PEDATURAE”, ossia l’indicazione della misura di un lato di un sepolcreto o di un’area ad esso destinata. L’iscrizione recita: “IN ACRO PIID XXXX” che, con le dovute integrazioni, diventa “IN AGRO PEDES XXXX”, traducendo: “nella campagna 40 piedi”, ovvero circa 12 metri lineari.
Importanza del sepolcreto
Questa iscrizione ci offre elementi utili per comprendere l’importanza del sepolcreto, un monumento funebre con un lato lungo 12 metri. Molle lo definisce un “LOCUS CELEBERRIMUS”, un monumento funebre che sorgeva su un rialzo artificiale tra la via Labicana e la via Latina. L’iscrizione e lo stile della scrittura, con particolari come la A e la P modificate, suggeriscono che i committenti fossero locali, anagnini, ernici, appartenenti a una nobile e ricca famiglia che desiderava essere ricordata.
Epoca e contesto storico del sepolcro
Il prof. Molle data la realizzazione del sepolcro attorno ai decenni vicini al 100 a.C., un periodo importante nella storia di Anagni, durante il governo di Silla. Il periodo sillano fu fondamentale per la costruzione dell’architettura romana, caratterizzata da un approccio utilitaristico rispetto all’architettura greca, prevalentemente estetica. Ad Anagni, un esempio significativo di questa architettura sono le sostruzioni sillane, una grandiosa costruzione ad archi che sosteneva un piazzale sovrastante, utile per diverse funzioni.
Urbanizzazione e sviluppo economico
In questo periodo di intensa urbanizzazione, le sostruzioni servivano ad ampliare il Foro, centro della vita politica e quotidiana della città, e a costruire un maestoso tempio, probabilmente dedicato a Saturno, insieme ad altri edifici civili come la Curia. La città si arricchì anche di una vasta rete di distribuzione idrica e forse di un teatro dove oggi si trova Piazza Cavour.
Confronto con altre opere simili
Le sostruzioni anagnine si pongono in confronto diretto con monumenti analoghi come il tempio di Giove Anxur a Terracina, il santuario di Ercole e le sostruzioni forensi di Tivoli, e il Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina.
Conclusione
Una potente famiglia della tardo repubblicana Anagnia realizzò un monumentale sepolcro, ancora sepolto, che nasconde probabilmente un grande tesoro. Sarebbe meraviglioso poter scoprire nuove informazioni su questa famiglia e darle finalmente un nome, grazie a auspicabili nuove scoperte.