Sulla questione della Sanità Pubblica interviene, con una nota, il Partito Comunista di Frosinone. Riportiamo di seguito, integralmente e senza modifiche, la nota inviata all’indirizzo email della nostra redazione, ringraziando i responsabili del partito per averla condivisa con la nostra redazione e con i nostri lettori:
Sin dalla fine di maggio l’epidemia COVID ha cominciato a rallentare, tra giugno e luglio il numero di contagi si era ridotto notevolmente, i reparti COVID stavano chiudendo, i malati erano ridotti a poche unità, i decessi erano pochissimi.
Tuttavia molti avevano lanciato un invito alla cautela, avevano previsto una seconda ondata anche più violenta della prima, avevano raccomandato di non abbassare la guardia, avevano sollecitato una chiara programmazione per non sciupare tempo prezioso.
E noi comunisti eravamo tra questi. Abituati al pragmatismo marxista, capaci di effettuare riflessioni sugli errori passati ed analisi del presente per prevedere il futuro, avevamo ogni giorno esaminato dialetticamente la situazione sanitaria per proporre soluzioni concrete e fattibili, come è nostro costume e nostra ideologia.
Avevamo detto con chiarezza che solo il sistema sanitario pubblico avrebbe potuto reggere ad una seconda ondata. Avevamo ricordato che nei mesi scorsi solo la sanità pubblica aveva permesso di circoscrivere l’epidemia, di limitarne in parte i danni, di far sì che ci fossero migliaia anziché centinaia di migliaia di morti.
Ma avevamo ancora una volta ricordato che mai più avremmo dovuto assistere alla precarizzazione del lavoro, alla esternalizzazione dei servizi, alla privatizzazione della malattia, alla svendita della salute.
Avevamo ancora una volta ricordato l’articolo 32 della Costituzione Repubblicana, che senza se e senza ma stabilisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». La Repubblica, la Res Publica, non le strutture private.
Apprendiamo oggi dai media che la Regione Lazio intende emanare un bando per richiamare in servizio medici in quiescenza, con particolare riferimento ad anestesisti e medici destinati al tracciamento. Come uno studente che pur avendo tempo adeguato per preparare un esame inizia a studiare quando ormai è troppo tardi per superarlo, sperando nella buona sorte e nella indulgenza dei professori, così la Regione Lazio, in analogia con le incertezze e le indecisioni del governo centrale, all’ultimo momento si accorge che siamo di nuovo in emergenza, confidando come uno studente incapace nella buona sorte e nella indulgenza dell’esaminatore.
Da comunisti noi diciamo che non esiste una buona o una cattiva sorte, ma esiste solo una razionale capacità di analisi della realtà e di sviluppo delle soluzioni. Da cittadini noi diciamo che non ci sarà indulgenza del virus, che è lo stesso di prima, se non più aggressivo, e che non farà sconti.
Hanno avuto sei mesi di tempo. Sei mesi sprecati, un monumento alla incapacità e un oltraggio alle intere generazioni di anziani e di giovani bruciate dalla malattia. E di fronte per esempio alle file chilometriche nei drive-in, ad ore ed ore sprecate dai cittadini, la soluzione non è stata aumentare l’offerta di tamponi molecolari, ma affidare ai privati, spesso inefficienti e non preparati, il compito di gestire la richiesta di tamponi antigenici, favorendo una speculazione sempre più evidente.
Solo adesso si rendono conto della gravità della situazione? Solo adesso si rendono conto degli enormi vuoti degli organici di medici, infermieri, operatori sanitari? Solo adesso si rendono contro della grave carenza di posti letto?
Come una mente offuscata dal panico e dalla paura, la Regione Lazio intende richiamare in servizio i pensionati. Forse chi ha partorito questa idea “eccelsa” non ha capito che soggetti anziani come sono i pensionati sono considerati fragili, e sono esattamente le persone da proteggere maggiormente.
Dove erano queste menti geniali quando il piano di rientro tagliava posti letto e chiudeva gli ospedali? Dove erano quando gli organici si assottigliavano ogni giorno di più? Dove erano quando noi comunisti dicevamo che il numero chiuso selvaggio delle facoltà mediche non avrebbe portato lontano?
E oggi, anziché ammettere le proprie inefficienze, anziché chiedere scusa ai cittadini per il tempo sprecato baloccandosi su nulla, anziché provvedere come avrebbero dovuto negli ultimi mesi ad assunzioni di operatori sanitari, a stabilizzazione dei precari, a bandi di concorso, per uscire dal vicolo cieco in cui si sono andati a cacciare non trovano altra soluzione che precarizzare ancora una volta la sanità, mettere a rischio la vita dei soggetti anziani, mandare in prima linea giovani neolaureati e privi di esperienza, senza la minima garanzia di sicurezza personale e di lavoro.
E mentre la regione Lazio scherza col fuoco proponendo soluzioni disperate quanto irrazionali, l’epidemia avanza, la gente cerca invano risposte che non trova, il sistema sanitario sotto pressione già trema; e in tutto questo l’Europa della finanza e delle banche è riuscita a monetizzare persino la pandemia e la morte, proponendo finanziamenti a usura e imponendo in cambio commissariamenti e controlli esterni.
Ma da comunisti noi abbiamo capito il gioco, e lo sveliamo. L’Italia non deve diventare una seconda Grecia, non può e non deve assoggettarsi ai ricatti e alle pressione dei potentati economici europei e internazionali.
Noi comunisti chiediamo, prima che sia tardi, soluzioni immediate, strutturali anziché contingenti quanto precarie; noi chiediamo che la sanità, la salute, la lotta alla epidemia e alle malattie in genere ritornino appannaggio del pubblico; noi chiediamo che cessino immediatamente la dispersione di risorse e le regalie al pubblico; noi chiediamo assunzioni stabili, noi esigiamo che i nostri anziani siano protetti, noi vogliamo che i nostri ragazzi possano studiare senza il rischio di essere contagiati e di contagiare.
Noi non chiediamo la luna, noi esigiamo da comunisti che tutti i cittadini siano tutelati allo stesso modo e con la stessa efficienza, che non vi sia più chi può curarsi e chi non può, che la forbice tra chi ha troppo e chi ha poco o nulla possa una volta per tutte restringersi.
Il Partito Comunista di Frosinone esige l’immediato potenziamento della sanità pubblica nella nostra provincia con la riapertura degli ospedali chiusi o riconvertiti per affrontare l’emergenza coronavirus e un piano adeguato di assunzioni di medici, infermieri, personale sanitario a tempo indeterminato. Chiediamo la riapertura immediata dell’ospedale di Anagni e di tutte le strutture sanitarie della provincia che sono state nel passato riconvertite in case della salute i malati non hanno bisogno di alberghi non sperperiamo il denaro pubblico. Solo una rete diffusa di ospedali strutturati ed efficienti nel territorio possono dare risposte e servizi sanitari ai bisogni della popolazione. Non possiamo attendere ancora vanno fatte delle scelte importanti per garantire la salute a tutti i nostri cittadini.