Agosto in Ciociaria è il mese del teatro e sono tre le date da segnare sull’agenda e sulle note degli smartphone: Tre Sorelle di Anton Čechov – uno dei narratori più prestigiosi della letteratura russa di epoca contemporanea – è lo spettacolo del regista e drammaturgo Ivano Capocciama del Medusa Teatro che andrà in scena il 13 agosto alle ore 21:00 presso il Castello Cantelmo di Alvito,il 25 agosto alle ore 21:30 all’interno del Chiostro del Museo Civico, in Piazza Mayer Ross a Sora ed il 26 agosto alle ore 21:00 presso Piazza Santa Maria a Pofi.
Le Tre Sorelle, interpretate da Giulia Germani, Virginia Castellucci e Chiara Pagliaroli, nell’opera di Čechov hanno nomi tipici della tradizione russa: Maša, Irina e Olga sono diverse dal resto del mondo perché rimangono aggrappate alle loro domande. Sono come tre voci di una stessa donna.
Lo spettacolo di Ivano Capocciama (con l’assistenza alla regia di Daniela Lombardi e le grafiche a cura di Eleonora Di Ruscio) dal sottotitolo “Il lamento dei mandorli in fiore”, vedrà nel cast oltre alle tre protagoniste anche Luca Spinacara, Elia Tringali, Federico Pellegrini, Magdalena Tascu, Alessio Mizzoni e Samuele Gabriele.
I personaggi non camminano, ma fluttuano in uno spazio su cui incombe, inesorabilmente, il pericolo dello sprofondamento. La società che Čhecov descrive è il canto del cigno di una creazione al negativo che si fa irripetibile proprio perché, al di là di essa, vi è solo la fine.
L’attesa che affligge le tre sorelle è l’anticamera di una morte annunciata e la “cronaca di una morte annunciata” come scrive Gabriel Garcia Marquez. Non esiste speranza, non vi è alcuna possibilità di redenzione per le figure fantasmatiche che popolano il giardino della casa di un padre che non è solo presenza genealogica, ma è tara ereditaria che schiaccia i personaggi in quella che si potrebbe definire: “Poetica della condanna”. Non è un caso che i personaggi di Čechov siano meschine creature condannate a contemplare non solo l’attesa della fine, ma l’effetto, la risonanza, il rumore assordante di una tempesta la cui presenza si percepisce oltre le montagne ma che tarda, come un male incurabile diagnosticato, ad arrivare.