di Giovanni Negri
“Non sono un eroe, né una vittima, né un “caso”. Sono stato e ancora sono soltanto un servitore dello Stato. Uno Stato che però adesso merita verità, Giustizia, storia restituite al loro nome”; così Mario Mori “Al Piglio”, sabato scorso, mentre nella grande sala della Cantina scorrevano immagini e ricordi dell’uomo che ha fondato il Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri, ha arrestato Totò Riina, ha creato l’inchiesta Mafia Appalti voluta da Giovanni Falcone, ha gestito i giorni drammatici del caso Moro in una Roma gettata nell’incubo, ha raccolto l’eredità di Carlo Alberto Dalla Chiesa.
In sala molti curiosi, tanti imprenditori, il mondo del turismo e del vino nella Terra del Cesanese, i Carabinieri di tanti e tanti Comuni, svariati turisti romani in gita e molti sindaci, consiglieri, donne e uomini contenti di partecipare a un momento istituzionale ma anche vivissimo, fatto di presente e futuro.
“Nome in Codice Unico – spiega il coautore Fabio Ghiberti – muove dal soprannome che fu dato a Mori dai suoi uomini, a cominciare da Grande (Giuseppe De Donno) e Ultimo (Sergio De Caprio). Ma poi arriva ai giorni nostri e sorprende: perché riscrive tanti pezzi di storia d’ Italia: i più intriganti e decisivi”.
Ed è proprio De Donno a ricordare “i giorni più bui di Falcone e Borsellino, quando fummo convocati dai veri protagonisti delle indagini antimafia non in Procura bensì in Caserma per poter parlare liberamente. Di certi ambienti non ci si fidava completamente. E noi volevamo andare fino in fondo sul tabù che non fu mai violato: Mafia e Appalti”.
“Ho seguito Mori per anni con affetto, ora siamo finalmente al trionfo della verità ma non basta – dice Vittorio Sgarbi – tanto a Destra quanto a Sinistra il rapporto con la Legge e la Giustizia deve cambiare: il cittadino non può essere in balia di magistrati che ogni tanto sembrano deambulare senza arte, né parte, né cervello”.
“Il punto è anche un altro – osserva il parlamentare (e produttore di Cesanese) Luca Sbardella – così come già avvenne nel caso Tortora, anche nella vicenda Mori si è smarrita completamente la categoria del Merito: persone che hanno meritato decenni di successi e alle quali lo Stato doveva dire grazie, si ritrovano perseguitate e impossibilitate a fare il loro mestiere e il loro dovere. Un danno per loro ma soprattutto un danno per la collettività”.
Così, fra applausi e rinfresco, è andata “Al Piglio”. Uno spazio che d’inverno e d’estate trasformeremo in un crocevia di incontro libero: senza colori politici né appartenenze di partito. Aperto davvero a chi pensa e propone, a chi suona e mette in rima, a chi dipinge e a chi scrive, a chi fa moda e design, a chi crede nell’Italia museo del Bello nel mondo, a chi giura fedeltà all’ Olio e chi al Vino.
Promesso: il Sabato di Nome in Codice Unico è stato solo un inizio.