Una vasta rete di dossier riservati, venduti su commissione a imprenditori e politici, è stata scoperta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Secondo le indagini, ex membri delle forze dell’ordine e tecnici informatici avrebbero sottratto informazioni personali da banche dati protette, mettendo a rischio la privacy di figure di rilievo come Leonardo Del Vecchio, Ignazio La Russa e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. I profitti derivanti da tali operazioni supererebbero i tre milioni di euro, sollevando interrogativi di sicurezza nazionale e il rischio di eversione, secondo le dichiarazioni del ministro Guido Crosetto e della premier Giorgia Meloni.
Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano
L’indagine, diretta dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Francesco De Tommasi, ha rivelato l’esistenza di un’organizzazione criminale che operava accedendo abusivamente a sistemi informatici protetti. Sei persone sono state arrestate per associazione a delinquere finalizzata alla violazione di sistemi informatici. Gli investigatori hanno eseguito numerose perquisizioni e sequestri, scoprendo una rete di hacker e tecnici informatici in grado di accedere a informazioni strettamente riservate.
Le testimonianze delle vittime e le violazioni della privacy
Figurano anche i nomi di otto dipendenti dell’azienda di logistica Partesa, una ramificazione del gruppo Heineken, tra le persone spiate in maniera illegale dalle società di investigazioni private Equalize e Mercury Advisor finite al centro della clamorosa inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Tra loro, anche una donna di Colleferro, Tiziana Nitiffi. La Nitiffi, contattata da anagnia.com, ha rilasciato una dichiarazione: “io non ero assolutamente a conoscenza di questa notizia, l’ho scoperto stamattina tramite un giornale di Milano. Ho dato le dimissioni dalla società Partesa lo scorso dicembre, rispettando il patto di non concorrenza. Non conosco il motivo di questa grave violazione della privacy e agirò d’ora in poi solo per vie legali”.
Accuse gravi e l’accesso illecito ai dati personali
Le accuse rivolte agli arrestati comprendono l’accesso illecito a banche dati riservate e la consultazione di archivi confidenziali, comprendendo anche informazioni su precedenti di polizia. Gli accusati, tramite software appositi, accedevano ai dispositivi e alle comunicazioni riservate delle persone sotto controllo, come posta elettronica e messaggi WhatsApp, violando dati sensibili di carattere strettamente personale.