Nel cuore della Casa della Salute di Pontecorvo, tra le mura di un luogo che profuma di seconda possibilità, si consumano ogni giorno piccoli miracoli. Non quelli che fanno rumore, ma quelli che sussurrano piano, come il respiro di chi torna a vivere dopo aver smesso di credere in se stesso.
Il Laboratorio sull’Empatia e sulla Salutogenesi, attivo dal settembre 2023, è molto più di uno spazio terapeutico: è un rifugio dove la fragilità si trasforma in forza, dove il dolore trova finalmente una voce. Qui, giovani tra i 16 e i 23 anni in carico ai Servizi Dipartimentali (CSM, NPI, Consultorio) scoprono che non sono sbagliati, sono soltanto feriti.
L’accesso al laboratorio avviene tramite impegnativa per psicoterapia di gruppo (cod. 94.44_0) rilasciata dal medico di medicina generale e presentata al CUP. Un percorso burocratico che nasconde dietro numeri e codici una realtà profondamente umana, fatta di sguardi che si ritrovano e mani che si tendono.
Due ragazze hanno scelto di raccontare la loro esperienza, prestando la voce a chi ancora fatica a trovarla. All’inizio avevano paura di parlare, si sentivano invisibili in un mondo che sembrava non vederle. Poi, grazie al gruppo, hanno trovato occhi che le guardavano davvero. È stato allora che hanno iniziato a vedersi anche loro, a riconoscere il proprio valore, a riappropriarsi della propria esistenza.
“Dall’inizio ad oggi abbiamo trattato 14 casi, che hanno partecipato con costanza e impegno alle sedute settimanali del laboratorio”, raccontano le dottoresse Serenella Gagliardi del CSM Pontecorvo e Sonia Colatosti del CSM Frosinone. “La maggior parte degli ospiti sono donne e le forme più diffuse di disagio e patologia sono quelle legate agli stati di ansia, rabbia, disturbi della personalità di tipo border, alle dipendenze passando per psicosi, isolamento sociale, difficoltà relazionali e conflittualità con i contesti familiari”.
L’approccio del laboratorio va oltre la semplice medicalizzazione del disagio giovanile. “Il nostro obiettivo è quello di non medicalizzarli troppo ma aiutarli a comprendere che la patologia è un momento transitorio della loro vita che può essere superato anche e soprattutto attraverso una presa di coscienza maggiore di sé stessi, delle proprie risorse e delle proprie potenzialità”, spiegano le professioniste.
Il messaggio che emerge dalle testimonianze è chiaro e potente. “Abbiamo voluto raccontare qualcosa del nostro percorso dedicandolo soprattutto a chi si sente di non farcela. A chi ha smesso di credere o semplicemente ha paura di chiedere aiuto”, hanno commentato le due giovani protagoniste. “Questo laboratorio esiste perché ogni vita merita ascolto, ogni storia rispetto e ogni forza soltanto di essere risvegliata”.
La forza trasformativa del Laboratorio di Pontecorvo emerge anche dalla testimonianza di una mamma single, che ha visto sua figlia M. rinascere letteralmente. Inizialmente apatica e senza stimoli, con “pensieri brutti ricorrenti”, la ragazza è pian piano diventata più ricettiva e aperta. Non solo è riuscita a completare gli studi conseguendo il diploma, ma si è iscritta all’Università ottenendo ottimi risultati.
“Mi auguro che realtà come queste possano continuare a crescere per sostenere chi, come noi, ne ha avuto un serio e urgente bisogno”, ha scritto la madre in una emozionante lettera di ringraziamento, testimonianza tangibile di come l’empatia e la salutogenesi possano davvero cambiare il corso di una vita.
Nel Laboratorio di Pontecorvo si impara che il dolore non è una condanna, ma un passaggio. Che la solitudine può essere spezzata, la rabbia compresa, la fragilità trasformata in bellezza. Qui il gruppo diventa comunità, la condivisione diventa medicina, e ogni giovane può ritrovare il proprio sé, riscoprire la propria voce, riappropriarsi della propria vita.