Pubblichiamo di seguito – integralmente e senza modifiche – la nota stampa inviata a questa redazione dal circolo di Legambiente Anagni presieduto dalla dott.ssa Rita Ambrosino che qui si ringrazia per averla messa a disposizione della nostra redazione e dei nostri lettori:
Con un servizio trasmesso il 6 dicembre 2019, la testata regionale di RAI3 ha dato voce ai lavoratori Marangoni che protestavano per le lungaggini burocratiche che, a loro giudizio, sono il motivo della mancata riaccensione dell’impianto di termocombustione di pneumatici fuori uso.
L’inceneritore è situato in un’area di Anagni densamente abitata ed orientata ormai più al commercio ed al terziario che all’industria. Era stato costruito a servizio dello stabilimento Marangoni Tyre, lo storico sito di produzione pneumatici che dava lavoro a 410 dipendenti, chiuso definitivamente nel 2013 con una conseguente gravissima crisi socio-economica.
Le ragioni del servizio giornalistico della TgR, che, peraltro, è sempre stata molto attenta e presente nel documentare la difficile situazione ambientale della Valle del Sacco, risultano incomprensibili: si auspicava la riaccensione di un impianto obsoleto, sotto accusa per i danni alla qualità dell’aria, in un complesso industriale che è stato causa di incidenti rilevanti, ricordiamo quello del 2009 con la fuoriuscita del cosiddetto “Carbon Black”.
“Comprendiamo e abbiamo rispetto per le preoccupazioni dei 12 dipendenti dell’inceneritore” dichiara Legambiente Anagni” ma restiamo coerenti nella contrapposizione ad un impianto che riteniamo dannoso per l’ambiente e per i cittadini di Anagni e della Valle del Sacco”
Legambiente, negli anni e a tutti i livelli dell’associazione, ha più volte espresso la sua ferma contrapposizione alla riaccensione dell’inceneritore Marangoni di Anagni: presentando osservazioni alla conferenza di servizi, con comunicati stampa, con manifestazioni e, da ultimo, sollecitando il parere del Ministero dell’Ambiente per la evidente contraddizione di rimettere in funzione un tale impianto sito nel SIN “Bacino del Fiume Sacco”.
Nel servizio di Buongiorno Regione l’impianto veniva descritto, invece, come “sicuro”, ”indispensabile per risolvere il problema dello smaltimento degli pneumatici esausti.”
La termodistruzione non è l’unica soluzione: in Italia esistono consorzi industriali per il riciclo dei PFU in un’ottica di economia circolare dove il recupero di energia è accettabile solo in ultima ipotesi, dopo il riutilizzo, la ricostruzione ed il recupero di materia.Esiste una filiera virtuosa di appositi impianti che trattano i PFU sminuzzandoli in frammenti sempre più piccoli, fino ad arrivare alla separazione delle tre componenti: gomma, acciaio e fibra tessile. Il processo avviene mediante macinazione meccanica a temperatura ambiente, a basso impatto ambientale. Dal riciclo della materia si ottengono asfalti modificati, isolanti, drenanti, materiali edili, superfici per campi sportivi, e tanto altro ancora. Il recupero di energia, stimato dai dati del consorzio ECOPNEUS come minoritario rispetto al recupero di materia, avviene di norma presso i cementifici. La termodistruzione, seppure con recupero di energia, non è la soluzione più efficace.
Nella Valle del Sacco è in corso un grande e complesso processo di bonifica, uno dei più importanti a livello nazionale, e qui si respira l’aria peggiore del centro Italia con le centraline di Frosinone e Ceccano che, al 14 dicembre 2019, hanno registrato superamenti del limite di legge ben oltre il limite accettabile. Per la conformazione della Valle, l’inquinamento atmosferico interessa tutto il territorio attraversato dal fiume, da Colleferro a Ceprano. Siamo convinti che la salute delle persone sia prioritaria e che la salubrità dell’ambiente sia fondamentale per un nuovo sviluppo, per questo continuiamo a ritenere improponibile la riaccensione di un vecchio inceneritore situato in una zona abitata e nel perimetro di un sito d’interesse nazionale per le bonifiche.