Dopo le ricerche nell’archivio parrocchiale della Collegiata Santa Maria Assunta in Piglio, don Marcello Coretti, parroco di Piglio dal 2000 al 2009, aveva trovato un documento che attestava la grande venerazione che i devoti pigliesi fin dal 1700 avevano nei riguardi di San Sebastiano, originario di Milano, che subì il martirio all’inizio del IV secolo a Roma, vittima della persecuzione di Diocleziano.
La fama di San Sebastiano, festeggiato dai Vigili Urbani il 20 Gennaio, è particolarmente legata alla protezione contro la peste, fama che tra gli altri condivise nel medioevo fino al sec. XVI con Sant’Antonio Abate e San Rocco.
Avendo ora individuato la collocazione della chiesa di San Sebastiano, possiamo comprendere la strategia di difesa spirituale contro il male che i nostri avi avevano escogitato collocando, a monte e a valle del vecchio centro storico di Piglio, le chiese dedicate a San Sebastiano, a Sant’Antonio Abate e a San Rocco perché la loro intercessione potesse proteggere da ogni pestilenza il nucleo abitato.
Il documento più antico che nomina l’esistenza di una chiesa di San Sebastiano, conservato nell’archivio parrocchiale di Santa Maria, risale al 1720 ed è un inventario dei beni nel quale ci sono elencati anche i beni della chiesa di San Sebastiano il cui cappellano era Don Loreto De Santis.
In un altro inventario del 1725 nell’elencare i beni terrieri della chiesa di San Sebastiano “fuori delle muraglie” si fa notare che “il frutto di dette possessioni servono per il mantenimento del tetto e chiesa e per soddisfare le Messe che si celebrano nella mattina della festa del Santo…”
In un documento del 26 Giugno 1773 si legge: “La comunità della terra di Piglio e per essa il Sindaco Giuseppe Andrea Pietrangioli… promette e si obbliga di rifar tutti i danni che per cagion dello scavo potessero succedere nella Chiesa di san Sebastiano da farsi per rifondere la campana…” In un documento del 1815 si legge che esisteva una Cappellania, vacante per la morte del Cappellano Don Lorenzo Favale, sotto il titolo di San Sebastiano, annessa ad una piccola chiesa dedicata al S. Martire ma all’epoca ormai “tutta diruta e rovinata dalla disgrazia de tempi”.
In un altro documento coevo vengono elencati anche i vari cappellani succedutisi tra il De Santis ed il Favale: Don Gaspare De Rossi, Don Giovanni Domenico Borgia e Don Pietro Antonio Marchetti. Vi troviamo affermato anche che già da circa quaranta anni la chiesa era rovinata.
In un altro documento ancora si afferma che la riedificazione di detta chiesa “è impossibile: e per la spesa, e per il sito, che è divenuto nello spazio di 50 anni dalla caduta accidentale, un immondezzaio non solo, ma ripieno del tutto di breccia;… è presso al ridosso della montagna, e per conseguenza ritornerebbe umida la chiesa fatto anche un antemurale”.
In un inventario del 1817 vengono elencati i beni della Cappella di San Sebastiano e vi si trova scritto: “Questa Cappella avea inoltrela sua Chiesa fuori la porta della Fontana, che rovinò per ingiuria de tempi, ed altre cause; la Sacra Congregazione nominata ordinò una Cappella alla Madonna delle Rose da erigersi in onore del santo, che ancora deve farsi”. Nello stesso documento leggiamo ancora che fu comprato un “quadro con cornice dorata, che esiste nella Collegiata rappresentante San Sebastiano di ottimo pennello e buonissimo prezzo per fortuna trovato”.
Tra i terreni inventariati ve ne è uno definito “piuttosto Mondezzaio di Capacità Coppe una in contrada gli Palucci, ossia dietro la Chiesa diruta di San Sebastiano, confinante la strada di San Lorenzo, e l’osteria publica”. Vi leggiamo ancora che il predetto Canonico Favale godette la Cappellania per lo spazio di 40 anni circa.
Giuseppe Maria Lais per la grazia di Dio e della S. Sede Apostolica, Vescovo di Ferentino e Amministratore Apostolico della Chiesa d’Anagni, nella S. Visita del 13 Agosto 1830 aveva emesso un decreto (Editto) con il quale proibiva agli uomini (libidinosi) a sostare all’Arco della Fontana dove le donne si accingevano a lavare i panni nel lavatoio pubblico. Ne riportiamo il testo:.
“Riconoscendoci nel dovere di rimuovere per quanto è da Noi con tutta l’efficacia gli incentivi al mal costume; ed avendo in atto di sacra visita riconosciuto l’abuso di trattenersi gli uomini al giuoco della boccia, o anche in oziosa osservazione per la strada prossima alla porta di questa terra del Piglio, in contrada detta la Roccia, ov’esiste la pubblica fontana e lavatoio, pascolando quivi con occhiate, gesti, e parole la libidinosa loro passione, e dando scandalo alle femmine, che quivi son obbligate a portarsi ad attinger l’acqua, o lavare i panni: quindi è che proibiamo indistintamente che gli uomini in qualsiasi giorno si trattengano a far giuochi di qualunque sorta, o si fermino oziosamente in maniera da dare scandalo per quel tratto di strada che dalla piazzetta vicina alla fontana si stende fino al di là della sopraccennata Porta, sotto pena della multa di paoli quindici, della formale carcerazione, e di altre ad arbitrio.
Salva poi intendiamo che rimanga pe’ giorni festivi la proibizione contenuta nel nostro editto di qualunque sorta di giuoco, eccettoché se fuori dell’ore de’ Divini Officij coll’intelligenza e consenso del R. Vic.° Foraneo si volessero taluni esercitare nella boccia, o ruzzola in luogo distante dall’abitato, e precisamente al di là della Chiesa diruta di S. Sebastiano”.
In un documento del 27 Settembre del 1854 leggiamo che “Ottaviano Bottini, perito muratore, riferisce essersi portato in un terreno… posto in contrada li Pallucci e precisamente dove vi era la Chiesa di San Sebastiano…” per la stima e la misurazione del terreno.
Il 9 Ottobre 1864 Giuseppe Mari fu Pietro Antonio espone con lettera, ai canonici del capitolo di Santa Maria, il desiderio di migliorare un terreno della chiesa di Santa Maria, di circa sette coppe, posto nella contrada San Sebastiano confinante con gli eredi del fu Tommaso Pietrangeli e PP. Conventuali di San Lorenzo.
Il 30 Gennaio 1865 con scrittura privata, nella quale si fa menzione della contrada Colle San Sebastiano, viene concessa la locazione del terreno al predetto Mari. In un atto di vendita di un terreno del 1916 si dice che tale terreno è posto in contrada Sant’Antonio o Borgo San Sebastiano. In un altro documento del 1921 si fa menzione ancora del “Colle San Sebastiano”.
Nella grotta-cappellina dedicata a San Sebastiano sono state rinvenute non solo testimonianze di culto ma addirittura l’effige del Santo scolpita nella roccia.
E pensare che il popolo pigliese è riuscito lentamente nel corso dei secoli a far fuori questo Santo. Eppure le tracce documentali stanno a testimoniare un legame significativo di San Sebastiano con il territorio di Piglio, non già per una presenza del Santo in Piglio, ma per il culto attribuitogli.
Sarebbe opportuno ripristinare la devozione verso San Sebastiano (non a caso don Marcello ha intitolato l’oratorio parrocchiale proprio a San Sebastiano) ricordandolo almeno con una bacheca (per altro già esistente lungo la Provinciale Piglio-Altipiani di Arcinazzo) inserendo l’ubicazione della cappellina e la storia del Santo.
articolo a cura di Giorgio Alessandro Pacetti