In un lontano pomeriggio estivo del 1971 incontrai Alberto Vari, allora giovanissimo, che mi invitò gentilmente a partecipare all’inaugurazione della sua prima personale, in via Vittorio Emanuele 169, ad Anagni. Intervenni poi all’evento, tanto importante per un artista all’inizio del suo percorso artistico. Il pieghevole, per l ‘occasione, conteneva una preziosa recensione dell’affermato artista e concittadino Giovanni Colacicchi.
Osservando attentamente i dipinti esposti, notai alcuni elementi caratterizzanti il lavoro svolto che appariva gradevole e promettente.
E’ avvenuta poi una reciproca frequentazione che ci ha trovato anche in comunione nelle uscite “ en plein air”, in quel dì Tufano e nelle campagne anagnine e perfino in Polonia.
Ho avuto modo di conoscerlo meglio e di parlare spesso con lui di argomenti attinenti l’Arte.
Ho potuto cosi apprezzare il suo talento, il suo grande amore per la pittura, e di scoprire la sua vivacissima natura portata a trasmettere ad altri il suo mondo interiore.
Per realizzare tanto si è dotato nel tempo della necessaria preparazione tecnica.
Si è infatti diplomato presso l’istituto d’Arte di Anagni, poi ha completato gli studi artistici presso il Magistero d’Arte di Firenze; frequentando contemporaneamente la scuola libera di nudo presso l’Accademia di Belle Arti, sotto la direzione di Emanuele Cavalli.
A Firenze ha lavorato nel campo dell’arredamento e del disegno industriale, progettando mostre alla Loggia Rucellai di Leon Battista Alberti a Palazzo Strozzi e lavorando nello studio di Bianca Garinei.
Con tale preparazione ha affrontato il non facile percorso artistico del pittore, con tutto l ‘impegno necessario.
Ricordo un episodio avvenuta all’estero: tornavamo dalla Polonia, alla fine della nostra vacanza, e dovevamo fermarci alla dogana di confine con l’allora Cecoslovacchia.
La funzionaria del turno ispezionò la vettura e sequestrò un sacco a pelo e dei quadri dipinti da Alberto in Polonia. Fu poi chiarita e risolta l’imbarazzante situazione e i quadri e il sacco vennero restituiti.
Ripartimmo e mentre tornavamo in Italia, Alberto, che sino a poco prima aveva avuto un viso cupo e preoccupato sentendosi finalmente liberato da un incubo esclamò: “ ma allora i miei quadri valgono qualcosa se me li volevano sequestrare! “ Al che scoppiammo a ridere ambedue.
Alberto è stato allievo a Firenze di Giovanni Colacicchi, ed ha ricevuto la sua preparazione artistica in un ambiente culturalmente privilegiato. Coerente con l’insegnamento ricevuto fa una pittura figurativa e tonale.
Diceva H. Hesse: “ l’inizio di ogni arte è l’amore. Il valore e la portata di ogni arte saranno decisi innanzitutto dalla capacità d’amore dell’artista.”
Alberto ha capacità d’amore e riserva un’attenzione particolare alla natura, fonte di energia e di ispirazione, compiendo un atto di fede.
E’ alla costante ricerca del “ bello”, sospinto da un sentimento permeato di umanità. Si esprime con sincerità e trasporto emozionale.
Diceva Renoir: “ a me piacciono i dipinti che mi fanno desiderare di passeggiarvi dentro, se rappresentano paesaggi, di accarezzarli se rappresentano donne”.
I quadri di Alberto, in particolare quelli più felici, fanno anch’essi desiderare di passeggiarvi dentro o altrimenti di essere accarezzati.
In esse il fruitore più sensibile può cogliere una vena di umanità palpitante tanto più preziosa perchè espressa in un periodo nel quale si assiste all’isolamento dell’uomo e ad un transumanesimo avanzante.
I temi che Alberto tratta, vengono realizzati con un linguaggio idoneo che trasmette ai fruitori delle opere ora un senso di gioia, ora un senso di amorevole trasporto per la sua città, ora con un senso nostalgico di tempi andati, facendo rivivere sulla tela immagini serene e coinvolgenti, cose che sono state distrutte dalla volgarità dell’uomo.
Alberto: vuole colloquiare con gli uomini rivolgendosi al loro cuore ed alla loro mente attraverso la pittura.
Non vuole fare certo un discorso zoppo; come sovente avviene nell’arte contemporanea, ove una così detta “ opera d’arte” viene concepita come un’opera di ingegneria che si esprime in codice, ma si serve della semplicità che è elemento della vera arte, e cerca di farsi capire senza bisogno di interpreti, cosa certamente molto apprezzata dai suoi estimatori.
Nella rassegna, Anagni recupera un posto centrale, tra i vari paesaggi le nature morte e i ritratti. Tra le molte tele esposte, tutte di ottima fattura, ci piace segnalare quello dipinto a Cisogna, che rende un immagine della campagna anagnina, in quel di San Filippo: vi appare una casa abbandonata con altre casupole nei piani più lontani, una vegetazione tipica della campagna locale ed un lembo di terreno incolto in primo piano.
L’immagine è resa con un valido equilibro compositivo, attraverso una ponderata gradazione di tono ed una armoniosa e vivace gradazione di colore che raggiunge la liricità.
Le nature morte esposte, tutte belle, mostrano una ottima capacità di analisi strutturale, un attento studio dei toni, dei volumi, ed una esecuzione sciolta ed esperta.
In particolare i melograni sono eseguiti felicemente, con il rosso che domina e che dona alla tela un’idea di gioia e di ricchezza.
Alberto ha dedicato la rassegna alla compianta Rosina, sua madre, con un amorevole pensiero verso colei che tanto ha fatto perché si realizzasse.
articolo a cura di Enrico Fanciulli