Di seguito riportiamo integralmente e senza modifiche la nota che Ina Camilli, rappresentante Comitato residenti Colleferro, ha inviato a questa redazione:
Un’estate dal clima rovente si è infuocata per il forte effetto che hanno avuto sull’opinione pubblica i colpevoli silenzi delle Amministrazioni locali sull’impatto ambientale dell’attività economica di alcune aziende leaders nel settore del cemento, con una gestione quanto mai lontana dal moderno approccio alla responsabilità sociale di impresa. Nonostante si tratti di tematiche le cui conseguenze ricadranno sui cittadini, i Sindaci non dialogano e agiscono in modo burocratico.
Nella valle del Sacco il business dei rifiuti delle lobby del cemento cerca di affermarsi con prepotenza, presentandosi con le sembianze di una svolta green. Le società sono pronte ad impiegare i rifiuti come combustibile da bruciare nei cementifici, che vorrebbero trasformare in inceneritori, contro le normative europee e la salute umana.
Questo contributo analizza, a grandi linee, il procedimento amministrativo del cementificio di Colleferro, con brevi cenni a quello di Guidona Montecelio, visti i numerosi punti in comune, ed allo stabilimento di Artena. Società che difficilmente potranno aspirare al Golden Pearls Awards, il prestigioso riconoscimento attribuito alla aziende che si distinguono per una gestione attenta alla compatibilità e sostenibilità ambientale.
A differenza di Fassa Bortolo, che ha seguito l’iter per ottenere il provvedimento regionale (PAUR), Italcementi e Buzzi Unicem hanno presentato una semplice richiesta di aggiornamento dell’autorizzazione vigente, sostenendo che alimentare gli impianti con CSS (combustile solido secondario da rifiuti) non comporti una modifica sostanziale. Il loro candore non ha convinto la Regione che non ha concesso l’autorizzazione regionale e le società hanno singolarmente presentato ricorso alla giustizia amministrativa.
Il Tar del Lazio ha confermato il provvedimento della Regione ed il Consiglio di Stato, con due distinte sentenze del 31 agosto 2023, ha ribadito la decisione della Regione e rigettato i ricorsi.
Artena, la nuova Cementown
Diverso il progetto del 2018 della Fassa Bortolo, che abbiamo “scoperto” in modo del tutto fortuito solo pochi mesi fa, dopo che la Regione ha rilasciato l’autorizzazione per l’ampliamento della produzione di calce – 400 tonnellate al giorno a ciclo continuo, con utilizzo di rifiuti di legno per un quantitativo di 80 tonnellate al giorno (30.000 l’anno) – e l’introduzione di 23 nuovi camini, a fronte dei 7 esistenti, con un incremento di 58 mezzi al giorno diretti anche verso il casello autostradale di Colleferro.
Con il parere favorevole del Comune di Artena e quello contrario di Cori, la Regione ha rilasciato l’autorizzazione, senza che il Sindaco e l’Assessore di settore abbiano informato il Consiglio comunale, con l’evidente volontà di arrivare “a dama”. Oggi che la notizia non è più segreta ed è possibile agire per via giudiziaria. i partiti politici non hanno nulla da dire, a differenza dei cittadini che hanno già avviato una campagna di informazione con assemblee pubbliche?
Colleferro, il Consiglio di Stato respinge anche l’ultimo progetto di Italcementi
Cosa succede nella città-vetrina che vanta una Giunta ambientalista?
Succede che nel 2021 Italcementi aveva presentato un progetto di “modifica non sostanziale” di coincenerimento di CSS-C (cosiddetto ecoballe) per alimentare il processo di cottura presso il cementificio di Colleferro. La società aveva chiesto alla Regione il semplice aggiornamento dell’Autorizzazione vigente (AIA) a bruciare 60.000 tonnellate/anno di CSS (ovvero “frazioni di rifiuti solidi urbani, rifiuti plastici, gomme e coriandoli di matrice plastica”), con un incremento dei quantitativi. In sostanza il “benefico” coke di petrolio, lo scarto della lavorazione petrolifera, sarebbe stato sostituito parzialmente dai rifiuti, questi sì salutari, da bruciare nei forni dello stabilimento.
La Regione non ha rilasciato l’autorizzazione e la società è ricorsa al Tar e al Consiglio di Stato, che ha sentenziato come il progetto apporti una modifica sostanziale e che se la società intende portarlo avanti deve intraprendere una nuova procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), tenuto conto che lo stabilimento si trova nel sito di interesse nazionale (SIN Valle del Sacco), di cui è ben nota la grave situazione storica ed ambientale di Colleferro, al fine di garantire un elevato grado di tutela della salute umana e dell’ambiente.
Scarsa trasparenza delle informazioni
Il Sindaco di Colleferro, nella sua pagina Fb, aveva evocato la piazza sulla “intenzione” di Italcementi di utilizzare CSS, fornendo informazioni molto approssimative. Venuti a conoscenza della notizia, gli abbiamo chiesto un incontro urgente, che non ha ricevuto risposta. Nonostante i pochi elementi disponibili e l’atteggiamento di chiusura del Sindaco Pierluigi Sanna e dell’Assessore all’Ambiente, Giulio Calamita, siamo riusciti ad assumere tutte le informazioni dalle strutture regionali.
Tale atteggiamento nel rapporto istituzionale di comunicazione tra cittadini e Amministrazione comunale non è democratico, se si considera che il Comune di Colleferro si è dotato di una piattaforma Fb come strumento e “risorsa strategica” per migliorare la trasparenza, l’informazione e la partecipazione dei cittadini. Tante belle parole rimaste sempre e solo sulla carta.
L’iter regionale
Il procedimento è stato avviato dalla Regione il 18 novembre 2021 e, secondo la recente normativa, si è svolto senza la convocazione della Conferenza di servizi e la partecipazione di comitati e associazioni locali. Abbiamo quindi chiesto agli Uffici regionali di pubblicare in apposito box la documentazione tecnica per la consultazione al fine di redigere le osservazioni.
Presenti con l’associazione Medicina democratica, fin dall’inizio del procedimento, abbiamo puntualizzato come la semplice comunicazione di modifica non sostanziale della società (che non prevede forme di coinvolgimento, né l’avvio di un procedimento amministrativo finalizzato ai necessari approfondimenti) non potesse garantire gli interessi di tutti i soggetti sociali. Nessun’altra associazione e comitato ha partecipato ed anche il Comune di Colleferro non ha depositato osservazioni, nonostante l’ufficialità della sede.
Il parere di ARPA Lazio
La Regione ha richiesto il supporto tecnico di ARPA Lazio, che ha rilevato come, pur mantenendo la capacità produttiva autorizzata, c’è un incremento delle tonnellate in ingresso, passando dalle attuali 77.433 tonnellate di coke di petrolio alle 98.347 tonnellate a seguito della modifica proposta (38.347 tonnellate di coke di petrolio ed in aggiunta 60.000 tonnellate di CSS-C). Oltre all’aumento degli automezzi stimato in 1.097 l’anno, si prevedono “nuove sorgenti sonore”, “due nuove potenziali sorgenti odorigene” e per le “emissioni” l’ARPA segnala la necessità di controlli sugli esiti della combustione del CSS, in particolare “SO2, NOx, CO, NH3, HCl, HF e TOC” (anidride solforosa, ossidi di azoto, monossido di carbonio, ammoniaca, acidi cloridrico e fluoridrico e carbonio totale).
Alla luce delle rilevanti osservazioni di ARPA, la Regione ha ordinato alla società di presentare una domanda di nuova autorizzazione, a cui Italcementi ha risposto con un’istanza di riesame, ribadendo la natura non sostanziale della modifica.
Quali sono le sedi (politica, amministrativa, giudiziaria) dove il Comune di Colleferro non è intervenuto?
Anche in questa fase amministrativa del procedimento il Comune non ha prodotto alcun documento tecnico contro il progetto, nonostante il potenziale impatto sanitario ed ambientale ad esso riconducibile e non si è costituito nel giudizio davanti al Tar (come Guidonia). Il Sindaco non ha ritenuto necessario riunire il Consiglio comunale per informare la cittadinanza sugli sviluppi della vicenda.
Il ricorso al TAR Lazio e al Consiglio di Stato
La Regione, non rispondendo all’istanza di riesame della società, ha indotto Italcementi ad adire il TAR per chiedere la sospensione della nota regionale. Il Comune di Colleferro non è intervenuto e non è stato citato nel giudizio proprio perchè fino a quel momento non aveva presentato propri atti. Mantiene un altero silenzio, come nel 2017, quando venne autorizzato l’ampliamento della produzione di Italcementi, di cui si dirà più avanti. Interverrà al Consiglio di Stato con una memoria, presentata peraltro in ritardo.
I progetti dal 2012 ad oggi
Heidelberg Materials, il gruppo internazionale di cui fa parte Italcementi, ha accresciuto i suoi ricavi del 13%, raggiungendo il record di 21,1 miliardi di euro. Crescono la produzione ed i profitti, ma cresce anche l’insofferenza verso quelle società che li trasferiscono all’estero e lasciano nei territori la loro impronta industriale.
Nel 2012 Italcementi ha presentato un primo progetto “bocciato” all’unanimità dal Consiglio Comunale di allora, da molti comitati e associazioni, poi archiviato dalla Regione.
Un progetto analogo lo ha ripresentato nel 2014, contro il quale abbiamo prodotto osservazioni insieme ad altre numerose realtà, che porta all’annullamento del procedimento.
Nel 2016 presenta un nuovo progetto per utilizzare rifiuti nel ciclo produttivo, dopo essere stati miscelati e “cotti”, in sostituzione delle materie prime per la formulazione della farina cruda da clinker e dei cementi.
Si tratta di un ampliamento (e non adeguamento) dell’attività (già esistente) di recupero di rifiuti speciali non pericolosi (non rifiuti urbani, ma “inerti provenienti da cicli industriali”) per 226.000 tonnellate l’anno di rifiuti. Proprio quello di cui ha bisogno l’aria inquinata di Colleferro e della valle del Sacco.
Il progetto viene sottoposto a VIA (l’attività era iniziata già nel 2007, epoca nella quale la normativa non richiedeva tale valutazione), ma il Comune di Colleferro è assente, non partecipa alle due Conferenze di servizi indette per acquisire il nulla osta, né deposita un parere, e la Regione rilascia l’autorizzazione. Ed arriviamo al recente progetto del 2021, un’idea tutt’altro che nuova.
Conflitti sociali e trasformazioni territoriali
Nella valle del Sacco la mobilitazione dal basso delle battaglie ambientali ha registrato una lunga battuta di arresto. Il periodo di latenza non è dovuto ad una fase di riorganizzazione e di riposizionamento del movimento locale, moderato e discontinuo, che aveva accolto al suo interno tante anime diverse, ma al fatto che ha finito per conformarsi. Una certa conflittualità mista a sfiducia si è andata radicando nei confronti di Istituzioni pubbliche e di soggetti privati che non aprono ai processi partecipativi per coinvolgere le comunità.
Ora che il vento della politica è cambiato ci si prepara a recuperare il tempo perso e si torna alla protesta, puntando sull’attività di coordinamento, sulla moltiplicazione degli spazi di confronto e/o scontro, sull’unione delle lotte locali di piccoli combattivi gruppi di attivisti, sulla diversificazione delle azioni, sull’ampliamento della base e delle questioni sul tavolo.
Nell’attuale fase di stallo il difensore dell’ambiente e dei diritti della collettività, in grado di respingere le richieste di grandi gruppi industriali dannose per la salute, secondo una visione degradata del patrimonio ambientale, attenta quasi esclusivamente alla redditività, è la giustizia amministrativa, a cui ricorrere per opporsi a provvedimenti lesivi dei diritti dei cittadini.
Possiamo realisticamente aspettarci dai Comuni vicini che si oppongano come Cori? Lo faranno i partiti politici, i sindacati e le altre realtà del territorio?
Su queste battaglie che vanno avanti da anni ed altre che si annunciano questo comitato ha espresso solidarietà e continuerà a sostenere le ragioni delle comunità locali a tutela della salute e del territorio ogni qual volta non vengano tutelati dagli Enti locali a cui è affidata la salvaguardia dell’interesse pubblico.