di Silvia Scarselletta
Nella rinomata Via del Corso, all’interno del Palazzo Ruspoli, nasce – nella più totale libertà d’espressione – “La Biblioteca del mondo”, la mostra dei silenzi assordanti e degli spazi vuoti, delle parole non dette e della pace tanto agognata. Breve, silenziosa, intensa ed emozionante, l’esposizione riporta alla mente pensieri, riflessioni, sogni e speranze.
È per questo, forse, che i visitatori vengono – visivamente e sentimentalmente parlando – preparati fin dall’inizio: lungo le facciate del Palazzo Ruspoli, per poi proseguire nel cortile e nelle Scuderie, la vista dei passanti gode di uno splendido itinerario contornato da frasi o semplici parole, ognuna delle quali riporta – nella sua semplicità – un mondo di pensieri da scovare in un vero e proprio percorso espositivo che troverà il culmine all’interno del Palazzo. Le frasi, uniche e struggenti, sono estratte dal libro “Martellate scritti fighi” di Marcello Maloberti, e si trasformano in parole che, impresse in semplici finestre, riescono a catturare l’attenzione di milioni di anime che ogni giorno percorrono quelle strade con l’estremo bisogno di leggere i loro pensieri scritti su una parete.
È questo l’esempio di formule quali “Inciampare oro”, “Sogno il sogno”, “Piangere magia”, o di parole profonde e coincise: “Malincuore”. Una in particolare, poi, è quella che più di tutte ha catturato l’attenzione: “Chi mi protegge dai tuoi occhi”, una semplice frase – o un grido d’aiuto, per qualcuno – che, in realtà, nasconde un mondo.
È questo, forse, il senso della mostra? Ricordare alle persone che non sono sole? Ricordare loro che, anche quando “gli sbagli si infilano come perle”, non devono sentirsi tormentati? Potrebbe essere così, ma la specialità di questa mostra è proprio questa: ogni persona, unica nel suo genere, potrà vedere in quelle opere un proprio pensiero, che sarà, altresì, unico nel suo genere e perciò speciale. Ma c’è una visione che dovrà valere per tutti: nei libri, forse, si potrà trovare la risposta.
L’esposizione, gratuita e visitabile fino al 21 aprile 2024, nasce dalla volontà della Fondazione Memmo di restituire una metafora di Roma come biblioteca a cielo aperto; è a cura di Marcello Smarrelli ed è composta da nove opere di nove artisti di generazioni e stili completamente diversi: Yael Bartana, Nicolò Degiorgis, Bruna Esposito, Claire Fontaine, Paolo Icaro, Kapwani Kiwanga, Marcello Maloberti, Francis Offman, Ekaterina Panikanova; tutti loro, però, sono legati da una città, Roma, e da un unico e puro leitmotiv: restituire al mondo la coscienza dell’importanza che i libri hanno nella nostra vita.
Il titolo della mostra non è casuale, ma trae ispirazione da Umberto Eco e dall’omonimo documentario di Davide Ferrario (2022), in cui si racconta la leggendaria biblioteca privata dell’intellettuale scomparso, un luogo magico composto da oltre trentamila volumi a cui lo stesso Eco assegnava la funzione di contenitore della memoria dell’umanità.